30-07-2020 Francesco Fantera 3 minuti

Ance: il caos normativo blocca la ripresa delle costruzioni

Oggi servono 16 anni per opere da 100 milioni, 5 per quelle di manutenzione

«Si pretende di regolare tutto sulla base dell'idea che legiferare su ogni aspetto sia l’unico modo per eliminare il male dal mondo»
Carlo Deodato

In 26 anni la legislazione italiana in tema di contratti pubblici ha prodotto 500 provvedimenti per un totale di oltre 45mila pagine scritte. Una mole di nozioni che, messa su carta, si svilupperebbe per oltre 136 chilometri e richiederebbe 160 giorni per essere letta dalla prima all’ultima riga. Così la pubblicazione “Le mille e una norma”, prodotta dall’Ance, fotografa la situazione normativa in Italia che riguarda il mondo delle costruzioni. Un ginepraio di leggi, commi, rimandi e deroghe prodotti da quella che, durante il convegno organizzato dall’Associazione Nazionale dei Costruttori Edili per presentare il documento, è stata più volte definita come emblema di una «ipertrofia normativa». Un altro dato evidenzia in maniera esemplificativa il complicato contesto attuale: si è passati in media da circa 8 provvedimenti all’anno fra il 1990 e il 2000, a poco meno di 30 nell’ultimo decennio, record nel 2019 con un totale di 39.

L’analisi. «In questo coacervo normativo le imprese non riescono più ad operare» ha sottolineato Gabriele Buia, presidente dell’Ance, in apertura del suo intervento. «La sofferenza del mercato è sotto gli occhi di tutti e crea incertezza, mancata crescita e problemi legati alla corruzione. Negli ultimi decreti approvati c’è un proliferare di articoli e commi, con un ritorno a disposizioni pregresse. Richiamiamo ancora i regi decreti, senza parlare di quelli attuativi, vero nocciolo della questione». Ma quali sono gli effetti più evidenti della sedimentazione normativa? «Lo Stato – ha spiegato Buia – non riesce ad utilizzare le risorse stanziate e questo ha conseguenze rilevanti sui tempi di realizzazione e manutenzione delle opere, determinando una carenza di infrastrutture che il Paese non si può permettere. E nel DL Semplificazioni, per entrare nell’attualità, non vediamo nulla che vada a favorire la costruzione delle opere pubbliche». A questo si aggiunge un altro dato che riguarda sempre la macchina statale: solo per approvare i contratti di programma di Anas e Rfi sono necessari 11 passaggi autorizzativi, con il risultato che circa 30 miliardi di investimenti risultano attualmente bloccati da oltre 2 anni e mezzo.

La situazione. Fra le tante criticità rilevate, l’Ance racconta come quasi il 70% delle cause di blocco delle opere si concentri negli step che precedono la gara. Fase, questa, che è oggetto del 17% dei contenziosi contro il 2% che riguarda, invece, quelli delle imprese. A complicare ulteriormente la situazione del mondo delle costruzioni è la complessità della governance e la frammentazione dei soggetti che gestiscono gli investimenti pubblici. Da Cassa depositi e Prestiti a Invitalia, passando per Dipe, Struttura per la Progettazione, Italia Infrastrutture spa Mit e Investitalia. E l’elenco è destinato ad allungarsi se gli attori ipotizzati dal Piano Colao da un lato, dal Governo dall’altro (task force per il Recovery Fund), diventeranno realtà. Un problema che si somma a quello delle tempistiche che si vanno sempre più allungando. Per un’opera pubblica da almeno 100 milioni di euro, sono necessari in media 16 anni perché questa veda la luce, mentre per quelle di semplice manutenzione si arriva fino ai 5 anni.

Le cause. A cercare di spiegare quali siano i fattori che hanno portato a questa produzione esponenziale di leggi riguardanti i contratti pubblici legati all’edilizia è intervenuto un uomo delle istituzioni: Carlo Deodato, segretario generale della Consob e presidente di sezione del Consiglio di Stato. «La multigovernance normativa non aiuta – ha esordito – ma il problema è l’attitudine distorta dei centri di produzione legislativa. Si pretende di regolare tutto sulla base dell'idea che legiferare su ogni aspetto sia l’unico modo per eliminare il male dal mondo. L’opzione zero? Risolvere le questioni con atti amministrativi invece di fare delle nuove leggi, ma nessuno lo fa. Laddove non ci siano vincoli europei e valori costituzionali da presidiare, ripensare la linea d’intervento della pubblica amministrazione aiuterebbe a liberare le energie delle imprese. Ma spesso la politica – ha evidenziato Deodato – non ha fiducia nella macchina statale. In generale, poi, bene la deregulation ma non nel campo dei contratti pubblici, anche perché ci sono norme europee che in alcuni casi non lo consentono». E per quanto riguarda il DL Semplificazioni? «La deroga come strumento normativo deve essere costruita bene perché il mercato ha bisogno di certezze, ma l’ultimo decreto non va in questa direzione».

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Francesco Fantera
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