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06-02-23   I   Paola Pierotti | Lettura : 6 Minuti

Architettura e digitale? Il punto con la Bim manager di Mario Cucinella Architects

Intervista a Laura Tiburzi: mentoring, generazioni a confronto, rappoto con la committenza, regole e sfide

Il processo osmotico di passaggio di conoscenze non avviene monodirezionalmente dal più anziano al più giovane, ma bidirezionalmente dal “più competente in un ambito”, al meno competente

Laura Tiburzi

L

aura Tiburzi è un’architetta under40, da 5 anni è nel team di Mario Cucinella Architects prima come Bim coordinator e poi come Bim manager. A lei il compito di coordinare la squadra «per lavorare nel modo più agile, capendo anche che ruolo dare alla tecnologia nello sviluppo di un'idea affinché la digitalizzazione sia utile, non un intralcio nè fine a se stessa». Laura si occupa anche di formazione e presto anche di architettura per bambini (in campo per SOUx Milano), implementazione digitale, coordinamento e contrattualistica.

Dalla Cina all’Italia passando per la Svizzera, quale è stato il tuo percorso formativo, professionale? Che requisiti e competenze servono per essere una Bim manager in un grande studio di architettura?

Mi sono affacciata agli strumenti e al metodo Bim apprezzandone le enormi potenzialità ma anche le continue sfide in un momento storico nel quale la progettazione era ancora totalmente tradizionale in Italia. Ora i tempi sono cambiati anche nel nostro paese. Siamo in una fase di passaggio un po’ disordinata, ma ricca di entusiasmo rispetto al Bim, anche in termini contrattualistici e di rapporti con i committenti. Senz’altro mi è tornato utile il fatto che nei miei studi e nelle esperienze professionali ho sempre cercato di portare avanti un doppio approccio tecnico e umanistico, esplorando progetti e dinamiche molto diverse: per svolgere al meglio il compito di Bim manager (ma vale molto anche per i Bim coordinator), è necessario guardare alle dinamiche micro e macro con un occhio alle contingenze quotidiane, uno all’innovazione e “uno nuovo” agli aspetti umani, che sono tornati ad essere centrali per poter lavorare in gruppi allargati e in tandem con i clienti sempre più edotti.

Come si innesta la componente umana nella transizione digitale? Quali proposte, strategie e modus operandi propone ad esempio lo studio Mca?

La generazione che ora può dirsi più competente professionalmente gode di grande stima presso i giovani, ma è statisticamente più restia al cambiamento di metodo (modus operandi e strumenti); parallelamente le università stanno generando laureati più flessibili, digitalizzati e pronti al rapido cambiamento, ma, ovviamente, neofiti rispetto alla professione. La via più logica, anche se non sempre facile, che vedo e che applichiamo in Mca, è quella di creare team misti, dove sono presenti competenze ed età diverse. In questo modo, il processo osmotico di passaggio di conoscenze non avviene monodirezionalmente dal più anziano al più giovane, ma bidirezionalmente dal “più competente in un ambito”, al meno competente, sia per storico di esperienza accumulata, che per competenze tecniche o tecnologiche. Parallelamente, è per noi di importanza fondamentale una formazione costante a tutti livelli: dal Legal Bim per il dipartimento commerciale e i project manager, all’approfondimento delle regole condivise di modellazione e gestione dati per gli operativi. Tutti concorrono alla buona riuscita del progetto e all’ottimizzazione del processo.

I clienti Mca sono soprattutto privati ma partecipate anche a gare pubbliche, dal vostro osservatorio, a che punto è le Pa in Italia?

Notiamo una progressiva maturazione nella stesura dei capitolati informativi: le stazioni appaltanti sono sempre più edotte, alcune si avvalgono di consulenti, ma alcune cominciano ad avere competenze interne. Il Demanio, per esempio, fa da capofila nella scrittura di capitolati e linee guida che siano di concreto supporto alla transizione dell’intero settore in Italia. Il rischio ancora concreto è che nei capitolati si chieda molto, sanza sapere cosa si sta veramente chiedendo, e a quali implicazioni porta. A mio avviso, l’altra faccia della medaglia dei rischi sono gli studi professionali che, in questo clima, sono portati a promettere molto, pur non avendo completa cognizione del lavoro che andrà poi svolto.

Dal vostro osservatorio, come è cambiata la cultura dal decreto Baratono? Cosa si sta muovendo e cosa ci si aspetta nei prossimi mesi in Italia?

Alcune criticità sono ancora aperte: la consapevolezza lato clienti e offerta; la difficoltà nel far riconoscere il corrispettivo valore economico del valore contenutistico che si sta consegnando al cliente; il fiorire di norme, prassi e certificazioni tra i quali districarsi; la diffusione di una cultura del dato e della digitalizzazione più ampia e organica. Nei prossimi mesi e anni, ci aspettiamo una “democratizzazione” del Bim: maggiore consapevolezza, riconoscimento delle competenze, diffusione di strumenti specifici, prassi e formati interoperabili per integrare i vari settori, sviluppo di e-contract, maggiore integrazione tra dati delle costruzioni e dati territoriali.

Con riferimento alle esperienze internazionali di successo, quali dovrebbero essere i prossimi passi nella normativa e nella regolamentazione, e quindi nella cultura della committenza e della filiera?

La UNI 11337, sulla gestione digitale dei processi informativi delle costruzioni, è un ottimo punto di partenza per sviluppare un approccio condiviso alla materia. I tavoli di lavoro aperti in UNI e in ISO stanno già puntando non solo alla sistemizzazione dello stato dell’arte, ma anche alla definizione di strumenti che possano semplificare alcune tematiche ancora molto frammentarie, come la nomenclatura/codifica e la definizione comune delle informazioni da monitorare nelle varie fasi di progetto per assolvere a diversi scopi.

Tornando ai progetti Mca, quanto la digitalizzazione ha influito in alcuni vostri progetti e cantieri?

Per la Torre Unipol in costruzione a Milano, il progetto ha dato l’opportunità di sperimentare una forte integrazione tra software diversi in un'ottica di flessibilità e ottimizzazione delle scelte progettuali, grazie anche a una grande sensibilità dell’impresa di costruzioni. Nel caso delle due torri nel cuore del parco di Vienna, Viertel Zwei, uscire dall’ambito italiano e lavorando per un cliente edotto di Bim e già strutturato su normative locali, ha richiesto particolare attenzione nel capire come declinare consuetudini progettuali e di gestione di Mca, armonizzando gli standard interni all’ufficio, a normative e codifiche austriache. In questo caso, la presenza di un validatore esterno si è dimostrato un ulteriore stimolo all’ottimizzazione e alla collaborazione tra professionisti. Ancora, sempre nel capoluogo lombardo per SeiMilano, determinanti sono state le sfide di controllo e collaborazione con il cliente-costruttore, sostenitore della metodologia Bim e controparte importante nella definizione degli standard di progetto. Essenziale è stata la strutturazione dei dati affinché fossero utili e realistici per la computazione attraverso software Bim dedicati.

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Sei nel National Lead at Women in Bim. Qual è l’identikit e la mission di questo network?

Women in BIM è nato in Inghilterra nel 2012, ed è attualmente diffuso in tutto il mondo. Fin dall’inizio l’attenzione è stata posta sulla valorizzazione delle differenze e l’equità (culturale, etica e sociale), con gli uomini, nel mondo delle costruzioni, a partire dal mondo Bim e della digitalizzazione. Con gli anni l’iniziativa si è allargata verso altri paesi, in tutti i continenti, permettendo una declinazione locale dei temi.

Il progetto di punta è il mentoring, con relazioni uno a uno, nelle quali una persona più esperta accompagna una più giovane confrontandosi sulle difficoltà quotidiane o strategiche. L’associazione è completamente gestita da volontari (donne e uomini), che quotidianamente forniscono supporto, selezionano articoli, scrivono interventi, registrano podcast e organizzano eventi.

La comunità italiana di Women in Bim è molto attiva nel gruppo Linkedin dedicato e via videocall, ma, dopo un anno di attività, sono iniziati anche gli incontri in presenza. Quale lo spirito del vostro ultimo incontro a Milano nei vostri uffici?

È stata l’occasione per presentare il mentor scheme (con iscrizioni aperte dal 23 gennaio), rispondere ad alcune domande e concederci un momento di networking molto informale: un clima di condivisione e non giudizio, dove ognuno può portare la propria esperienza e le proprie suggestioni.

Chi c’è con te in questa squadra italiana?

Il mio ruolo come national lead è di collettore di idee ed esigenze, ma il gruppo cresce in modo armonico e variegato: esiste una coordinamento con una decina di persone di età, competenze ed ambiti diversi, dall’architettura agli impianti. Tra loro Chiara D’Amico, Claudia Rizzo, Luisa Costanzo, Mila Splendiani. Ci sono anche degli uomini, come Alessandro Cattaneo. Il coordinamento italiano è anche arricchito dal valore aggiunto di alcune colleghe che sostengono con forza l’Italia dall’estero, tra le altre Francesca Lofiego, Giulia Pustorino e Veronica Friuli. La rete si allarga e la forza è data anche da chi entra in contatto con noi e poi, pur non facendo parte del gruppo di coordinamento, aiuta, supporta, consiglia e si fa volontario sia per il mentor scheme che per altre attività.

Che tipo di lavori fanno le “women in Bim” sia in Italia che all’estero? Qual è la galassia degli ambiti professionali?

In futuro alcune figure professionali probabilmente non verranno più esplicitate come Bim o “non Bim”, ma in questo momento storico (che, ripeto, è di passaggio) definire come “Bim” i professionisti aiuta a identificare delle figure specializzate, competenti e di supporto ai colleghi nel lavoro, con questo metodo, precipuamente dedicate all’innovazione digitale nelle costruzioni. Si è quindi aperta una finestra di tempo nella quale il mercato richiede figure professionali con questa vocazione esplicita. Tante le giovani colleghe coinvolte in questa transizione, tra loro ci sono Bim specialist, coordinator e manager in tutti gli ambiti della professione, compresi settori molto di nicchia come i rilievi con i droni finalizzati alla progettazione in Bim. Alcune sono anche diventate imprenditrici di successo creando società di consulenza specializzate. Più in generale, le donne in Bim sono presenti ovunque: dalla pianificazione, ai cantieri, alla gestione immobiliare.

In copertina: Laura Tiburzi, architetta e Bim manager di Mario Cucinella Architects 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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