La città dei 15 minuti? Si può progettare con OpenStreetMap
Intervista a Maurizio Napolitano. «Un patrimonio di dati notevole, un vero e proprio bene comune, un modo per aiutare nel velocizzare la progettualità»
Progettare la “città dei 15 minuti” si può anche grazie a OpenStreetMap, la piattaforma collaborativa per la raccolta di dati geografici, rilasciati con licenza aperta. Non si tratta semplicemente di una mappa, ma di un’infrastruttura abilitante che consente la creazione di rappresentazioni cartografiche personalizzate, applicazioni per la mobilità, strumenti per l’analisi urbana e soluzioni innovative in ambito pubblico e privato.
Nata nel 2004 su iniziativa di Steve Coast, allora studente universitario, la piattaforma rispondeva a un’esigenza concreta: raccogliere dati geografici liberamente riutilizzabili, in un’epoca in cui il concetto di open data era noto solo a pochi pionieri e la maggior parte delle informazioni geografiche era soggetta a restrizioni.
«OpenStreetMap consente a chiunque di contribuire, e più aumenta il livello di dettaglio dei dati raccolti, più si moltiplicano le possibilità di costruire servizi innovativi e utili» spiega a thebrief Maurizio Napolitano, coordinatore del Digital Commons Lab della Fondazione Bruno Kessler e membro del Consiglio direttivo della OpenStreetMap Foundation per il biennio 2025-2026.
«Non solo strade e edifici, ma anche marciapiedi, attraversamenti pedonali, dissuasori, fontanelle, panchine, segnaletica, barriere architettoniche, piste ciclabili con indicazione dei materiali, accessi per disabili e molto altro: tutto può essere mappato con grande precisione, rendendo possibile un’analisi urbana profondamente radicata nella realtà vissuta».
Questa ricchezza di dati permette la creazione di mappe tematiche, strumenti di analisi per amministrazioni locali, app per la raccolta e la visualizzazione di informazioni, servizi di routing accessibile e soluzioni per la pianificazione urbana
È un ecosistema in continua evoluzione, sostenuto dalla comunità globale e da enti che ne riconoscono il valore strategico. Un esempio recente è la nuova versione di TuttoCittà.it, rilanciata da Italiaonline, che utilizza OpenStreetMap come base cartografica integrandola con dati propri, aggiornati in tempo reale, su parcheggi, aree verdi, farmacie di turno, stazioni di servizio e luoghi di interesse.
Napolitano, quali sono i numeri di OpenStreetMap e cosa ci si può davvero fare?
Sono oltre 10 milioni i contributor a livello mondiale e in Italia sono circa 250 le persone che quotidianamente aggiornano la piattaforma. Alla stregua di quanto avviene per Wikipedia è la community ad alimentare dati e informazioni con un livello di precisione davvero importante anche perché si tratta di informazioni a servizio delle persone, dei quartieri, delle città, di interi territori.
Quindi è interesse di ciascuno inserire informazioni il più dettagliate e corrette possibili. E all’interno della Fondazione sono stati costituiti dei gruppi di lavoro, come il Data working group, che verificano la correttezza dei dati o si occupano ad esempio di dirimere controversie sulla veridicità e la precisione dei dati.
Quindi la piattaforma può essere usata anche per la pianificazione urbana?
Sono proprio le micro-informazioni a fare di OpenStreetMap un unicum a livello mondiale tant’è che la piattaforma viene sempre più usata anche per lo sviluppo di applicazioni specifiche, comprese quelle per architetti e designer e anche le pubbliche amministrazioni, soprattutto quelle dei comuni più piccoli (sul tema si legga anche l’intervita a Emilio Misuriello sulla piattaforma Esri-Google ndr), possono ricorrere a OpenStreetMap ad esempio nell’ambito dell’analisi del territorio o proprio per mettere a punto specifici progetti in specifici quartieri.
Si possono estrarre dati da utilizzare poi su altre applicazioni e si possono inserire dati nella piattaforma per consentire a chi verrà dopo di ottenere informazioni ancor più aggiornate.
Si parla molto della cosiddetta città dei 15 minuti. Cosa si può fare con OpenStreetMap?
Ci sono tool che utilizzando i dati di OpenStreetMap riescono ad elaborare progetti anche per la città a 5 minuti: è possibile simulare scenari in cui ci si muove a piedi o in auto, con un mezzo pubblico o privato, calcolando la presenza di persone nell’area in specifici orari o quanti sono i negozi, quali tipologie di attività sono disponibili, come sono fatte le strade.
E pensi che ci sono applicazioni che sono in grado di simulare scenari ad esempio legati alla mobilità tenendo conto delle statistiche sugli incidenti in aree specifiche e che quindi aiutano nella pianificazione e soprattutto nella ripianificazione in chiave anche di sicurezza.
La piattaforma può essere usata in tutta Italia?
Assolutamente sì e nelle zone urbane la qualità del dato è davvero molto elevata. Le uniche zone dove c’è meno copertura di informazione sono alcune aree interne, come ad esempio, in Calabria e Sardegna, ma si tratta di aree molto isolate.
Con l’intelligenza artificiale sarà possibile aumentare le potenzialità?
L’intelligenza artificiale sta già trasformando il modo in cui i dati geografici vengono analizzati e utilizzati. Molti modelli di AI in ambito geospaziale sono addestrati proprio sui dati di OpenStreetMap, grazie alla loro ricchezza, dettaglio e disponibilità in formato aperto. Questi strumenti sono in grado di analizzare automaticamente i dati estratti dalla piattaforma, suggerire correzioni, individuare errori, generare mappe tematiche e simulare scenari complessi, ad esempio nel campo della mobilità, dell’accessibilità o della gestione urbana.
Inoltre, alcune tecnologie di visione artificiale e machine learning utilizzano immagini satellitari o da street-level, come Mapillary, per rilevare nuovi oggetti sul territorio e proporli per l’inserimento nella mappa, in un processo che resta comunque supervisionato dall’intervento umano per garantire accuratezza e validità delle modifiche.
In copertina: © Maurizio Napolitano (LinkedIn)

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