23-12-2021 Chiara Brivio 3 minuti

Monza, città policentrica, riscopre il moderno e punta sul contemporaneo

Dalla lezione dei maestri, le sfide per i professionisti locali volte a ricucire i quartieri

Gio Ponti, Angelo Mangiarotti, Luigi Caccia Dominioni, Fredi Drugman, Justus Dahinden, Gustavo & Vito Latis ma anche Piero Borradori, Vittorio Faglia, Luigi Ricci, Arturo Peverelli, Pino Galimberti. Sono questi alcuni dei nomi dei “maestri” del moderno milanese, autori di alcuni degli edifici più iconici della città meneghina nel periodo tra le due guerre mondiali. Ma gli stessi Ponti, Caccia Dominioni, Dahinden, solo per citarne alcuni, hanno lasciato tracce anche fuori dal capoluogo lombardo, e a Monza, capoluogo dell’omonima provincia, gli esempi non mancano. Meno conosciuti al grande pubblico, hanno però costellato la città di numerosi edifici, che vanno dall’architettura industriale al residenziale, dall’edilizia scolastica a quella del sacro. 

Locandina della mostraNel 2018 tutte queste architetture erano state raccolte e schedate da Alessandra Coppa in un volume uscito per l’amministrazione brianzola, intitolato “Monza Architetture Contemporanee”, libro che ha ispirato le 40 fotografie in bianco e nero di Marzio Franco che oggi sono protagoniste di una mostra allestita al Belvedere della Villa Reale fino al 16 gennaio. Un vero e proprio itinerario visivo, che va ad aggiungersi alle 25 targhe digitali che dal mese di ottobre sono state affisse accanto agli edifici più rappresentativi del moderno nelle strade della città, nell’ambito del progetto Amm Architetture Moderno Monza, nato tre anni fa dalla collaborazione tra l’Ordine degli Architetti con l’Amministrazione comunale per sensibilizzare e valorizzare l’architettura di questo particolare periodo storico.

«Questa iniziativa rappresenta un momento di continuità, un punto di congiunzione tra quello che è stato il progetto condiviso tra l’Ordine degli Architetti e il Comune di Monza – racconta Michela Locati, neo-presidente dell’Ordine dallo scorso novembre, all’inaugurazione della mostra – di effettuare la schedatura di questi edifici, sui quali sono state poi apposte delle targhe con dei chip per il riconoscimento dei dati. Se la cittadinanza non ha un qualcosa di visuale, non sa di queste iniziative che rimangono per addetti ai lavori, non può fruire né apprezzare questi studi. La mostra serve anche a questo». Un percorso in cui l’ultimo step potrà essere un’operazione di marketing territoriale «con un progetto di itinerari turistici – continua la presidente – ma anche locali e regionali, di inserimento di questi edifici in dei percorsi a piedi o in bicicletta, realizzati con la collaborazione dell’associazione Amici dei Musei, e che potrà rappresentare un secondo momento di valorizzazione del nostro territorio».

E se per la curatrice Alessandra Coppa «Monza non è un luogo di serie B, ma è stato un vero e proprio laboratorio del moderno» per la presidente dell’Ordine oggi deve trovare nuove strade indipendenti dal capoluogo, che valorizzino anche i professionisti locali. «Monza ha sofferto un pochino questa sua incapacità nel tempo di non volersi staccare mentalmente da Milano – continua Locati – ha sempre conservato una sorta di chiusura, non si è adeguata, per quello che mi riguarda, al cambiamento e forse non ha saputo valorizzare i propri progettisti e professionisti». «Per questo mi auguro che saremo noi, i nostri 2.500 iscritti, a mettere mano a questi edifici (che peraltro non sono oggetto di vincolo ndr) e di non aspettare sempre le archistar che calino dall’alto i loro progetti. Se questi sono interventi che a Milano possono incontrare un riscontro importante e un’ampia visibilità, a Monza possono risultare fuori luogo» ha aggiunto ancora. «La capacità dei nostri architetti dovrà essere quella di integrare la conoscenza del territorio, la peculiarità della Brianza, con magari delle innovazioni che siano però anche idonee e adatte al contesto. Riprodurre i Boschi verticali tour court in una zona che andrebbe riqualificata dal punto di vista di altri profili, come quelli dei servizi e dei trasporti, è un po’ un assurdo. Prima di fare questi bellissimi edifici, è necessario pensare ai servizi, a ricucire i quartieri. La città multicentrica è ormai il nostro obiettivo, lavorare su quello che c’è, sulla rigenerazione, sulla ricucitura, sul “rammendo” come lo chiamerebbe Renzo Piano».

In copertina: la mostra "Architetture Contemporanee" a Monza. Ph. ©PPAN

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Chiara Brivio
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