Innovazione e digitalizzazione per una primavera immobiliare

12-04-2024 Luigi Rucco 4 minuti

Tecnologia, intelligenza artificiale e nuovi servizi (educazione e sanità) per la crescita

Tra innovazione e sfide tecnologiche, l’industria immobiliare vive da protagonista il cambiamento, consapevole di rappresentare comunque uno dei pilastri fondamentali dell’economia del Paese.


Si stima infatti che in Italia la filiera immobiliare potrà arrivare a generare 610 miliardi di euro di ricchezza nel 2030 (dai 510 del 2023, con circa il 9% degli occupati).


La proiezione al 2050 arriva addirittura al 31% del Pil nazionale, coinvolgendo 2,5 milioni di addetti. Questi sono alcuni dei dati che emergono dal Report “Innovare Vale – I megatrend al 2030 e 2050 come motori di sviluppo e valore” presentato a Milano da Scenari Immobiliari Dils nel corso dell’Innovation Forum 2024.

«I megatrend illustrati nel rapporto – ha dichiarato Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari – mostrano un mondo in profonda trasformazione, con una crescente competizione e alla ricerca di nuovi percorsi in ambito sociale ed economico. La riduzione della popolazione in Italia e il calo dell’attività edilizia privata non hanno come conseguenza una contrazione dell’industria dei servizi immobiliari. Anzi, diventa sempre più importante l’innovazione di prodotto per modificare il patrimonio esistente».

Tre le componenti decisive ci saranno sicuramente l’efficientamento produttivo di processo (tecnologia e specializzazione), la gestione del rischio (competenza manageriale, tecnica e finanziaria) e i nuovi mercati (megatrend).

«Dallo lo scenario economico in costante evoluzione oggi in Italia – commenta Francesca Zirnstein, direttore generale di Scenari Immobiliari – emerge chiaramente la necessità di un efficientamento legato alla componente dell’innovazione di tutte le attività produttive. L’obiettivo è una transizione che permetta uno sviluppo significativo e sostenibile nella triplice prospettiva ambientale, economica e sociale, con una crescita reale del prodotto non inferiore all’1,1% medio annuo». Le fa eco Giuseppe Amitrano, founder e ceo di Dils, che sottolinea come «il settore immobiliare debba affrontare numerosi cambiamenti. Alcuni segmenti tradizionali dovranno essere ripensati per adattarsi alle nuove necessità.


C’è richiesta di nuovi asset class legate a macro-trend sociali ed economici come healthcare ed education.


Sulla sanità, nel mondo real estate esistono già alcuni esempi di Rsa e ospedali privati. L’education è invece un settore ancora poco, benché animato da una domanda crescente di formazione di qualità».

Proprio il tema delle competenze e della formazione è trasversale in tutto il settore, specialmente in Italia dove l’economia è guidata dai servizi, in un contesto dove il concetto di Intelligenza Artificiale forse sta prevaricando quello di preparazione e specializzazione. «In un contesto sempre più orientato ai servizi, la base sono le competenze e per questo ci vorrà sempre più studio e specializzazione. Nessun modello matematico sarà in grado di interpretare i fenomeni meglio del cervello umano, per questo dobbiamo investire sulla formazione. La scarsa reperibilità di giovani formati ci insegna come oggi anche le persone di 50 anni devono continuare a formarsi. L’IA sostituirà i professori che non hanno niente da dire, ma non quelli che continueranno a restare aggiornati e che saranno in grado di far appassionare i propri studenti», commenta Enzo Baglieri, Associate Dean Master Programs SDA Bocconi.

Sulla stessa linea anche Giuliano Noci, ordinario strategy & marketing del Politecnico di Milano:


«Per quanto riguarda le competenze digitali, l’Italia è terzultima in Europa a livello di investimenti e per questo aggiornamento e formazione continua sono fondamentali».


Un ulteriore passaggio poi sulle nuove generazioni che «hanno un sistema di aspettative che la politica industriale di questo Paese non è in grado di risolvere. Oggi per questa generazione il tema è la costante ricerca di qualità della vita in contesti attrattivi, non solo semplici spazi da vivere.

Se quindi la profondità dei servizi e l’ibridazione degli spazi e delle funzioni saranno la vera chiave di lettura del settore per i prossimi anni, altri valori come efficienza, tecnologia, qualità e cultura saranno i cardini del futuro, non solo a livello globale, ma specialmente in Italia.

«La nuova normalità è la discontinuità, la non uniformità dei prossimi anni proiettati verso una globalizzazione del cambiamento. Oggi c’è una forte richiesta di comunità, di qualità della vita, di reti sociali. C’è un forte bisogno di condivisione, di progettualità e di una idea del mondo», chiosa Mario Calabresi, giornalista e scrittore.

Se si parla di un contesto di vita attrattivo, la città diventa un insieme di spazi collettivi tra i semplici edifici. Un’infrastruttura urbana che sia pensata come una rete sociale in grado di far vivere la quotidianità. Questo specialmente dal punto di vista della progettazione.


«Progettare oggi l’ambiente costruito del futuro significa lavorare sulla città che esiste, ma utilizzata in modo completamente diverso, che ragiona verso una personalizzazione, perché le persone hanno ognuna una identità specifica», sottolinea Patricia Viel, Partner di ACPV ARCHITECTS.


«Quello che ci interessa comprendere prima di un intervento sul territorio è capire i comportamenti, le relazioni, la mobilità e la comunità. Come sono le persone che stanno insieme. Tanto più è la specificità delle persone, tanto più il progetto da presentare deve essere generico, anche se sembra un paradosso. Genericità nei modelli costruttivi che poi possono essere adattabili e personalizzabili alle persone che poi li vivranno e che li muteranno nel tempo».

Un concetto che sta iniziando a porre degli interrogativi sul modello di città dei 15 minuti che durante gli anni della pandemia tanto si era diffuso nel settore e non solo. «Durante il Covid la città dei 15 minuti è diventata di grande attualità, ma dopo le persone hanno iniziato a farsi delle domande, chiedendosi se questa in realtà contribuisse alla segregazione urbana. C’è il rischio di dividere i quartieri di una stessa città, specialmente per le persone con basso reddito. Rimane che questo modello deve essere inteso come una linea guida sia per la progettazione di nuovi quartieri che la rigenerazione di quelli esistenti secondo modalità più sostenibili dal punto di vista sociale, economico e ambientale», ha dichiarato Carlo Ratti, direttore Mit Senseable City Lab e founder di Carlo Ratti Associati.

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Luigi Rucco
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