02-08-2021 Paola Pierotti 4 minuti

Mobility In Chain: 3,5 milioni di fatturato e nuovi progetti per chi si occupa di mobilità

Intervista a Parolotto. Oltre la viabilità, il focus è sulla qualità dello spazio pubblico

Abbiamo partecipato a sei gare Reinventing Cities e siamo stati premiati per cinque. A Milano eravamo in team per Piazzale Loreto, Bovisa, l’ex Macello e Crescenzago, a Roma per Tuscolana. Registriamo segnali positivi in generale per il mercato della progettazione, c’è molto lavoro in questo periodo: non so se sia un fenomeno contingente o strutturale”. Federico Parolotto, senior partner e co-fondatore di MIC Mobility In Chain racconta in pillole i traguardi raggiunti dalla sua società che in questi anni ha visto evolversi un mestiere, spostando via via il focus dalla mobilità e dalla gestione dei flussi di traffico (legati soprattutto all’auto) allo spazio pubblico e alla vita sociale. Temi sotto i riflettori anche per le condizioni mutate dalla recente pandemia. 

Mic conta di chiudere l’anno con un fatturato dell’ordine dei 3,5 milioni di euro. Una cinquantina di collaboratori e il quartier generale a Milano. «Negli anni scorsi il 90% del nostro lavoro era all’estero, con due basi a Mosca e a New York, oggi per il 75% è in Italia e per il 25% è a scala internazionale, dalla Russia, dove siamo consulenti per l’espansione della City di Mosca – racconta Parolotto – agli Stati Uniti dove siamo al lavoro per un grande campus ospedaliero progettato da Foster+Partners». 

«I temi dello spazio pubblico e della vita sociale ad essi connessa oggi sono diventati centrali: da luoghi negletti fino a 10, 15 anni fa, sono diventati parte integrante della narrazione, e con il nostro know how ci siamo trovati ad avere un ruolo centrale nei progetti pubblici e privati».


Parolotto cita il caso di Piazzale Loreto, una delle aree messe a bando dal Comune di Milano con C40. Trasformare il più caotico snodo di traffico della città in una grande agorà verde, anello di congiunzione tra corso Buenos Aires e via Padova. Trasformare piazzale Loreto in un nuovo simbolo della Milano olimpica del 2026.


È la rivoluzione di LOC, Loreto Open community, il progetto vincitore firmato da un team multidisciplinare con capofila Ceetrus Nhood e realizzato grazie al contributo plurale di Arcadis Italia, Metrogramma Milano (coordinatore del Design Team), Mobility In Chain, Studio Andrea Caputo, LAND, Temporiuso e Squadrati.

Bando che prevede l’alienazione o la costituzione del diritto di superficie di siti da destinare a progetti di rigenerazione urbana in chiave sostenibile. «E’ un progetto emblematico perché parte dalla volontà di trasformare un incrocio destinato al traffico in una piazza, una nuova centralità di Milano. Piazzale Loreto – commenta Parolotto – estremizza il ragionamento e spiega l’evoluzione di spazi dominati dall’auto che possono diventare totalmente governati dai cittadini e nuove forme di mobilità». 

Mic ha tenuto il passo con l’evoluzione della domanda. Nel team si contano architetti e tanti ingegneri, ma anche laureati in filosofia, matematica e pianificazione. Mix di competenze, senza debordare nell’offerta di servizi in ambiti che vanno dal lansdscape alla pianificazione urbanistica. Le transizioni, ecologica e digitale, hanno dato impulso a nuovi mestieri e ne hanno modificati altri: si riscontra una progressiva saldatura di ambiti molto diversi che spaziano dalla sociologia alla comunicazione, «il mondo della mobilità diventa centrale – racconta Parolotto – per il futuro della pianificazione di società e territorio, è necessario cogliere la complessità e fare sintesi».


Trasformare in geometrie le analisi dei flussi, riconfigurare gli spazi ottimizzando gli spostamenti, incidere sulla riduzione di isole del calore, progettare la mobilità del domani.


Queste sono alcune delle attività core di Mic, che a diverse scale, dal masterplanning al disegno tecnico di un incrocio, è parte attiva di team interdisciplinari. Per il futuro in pipe-line anche un rebranding, in vista dell’evoluzione del mercato e dell’apertura di nuovi orizzonti.

La mobilità si disegna ascoltando i cittadini, dialogando con le comunità. Parolotto ricorda che solo all’inizio degli anni Duemila è stato costruito a Piazza Maggi uno svincolo «che è un’opera di una violenza inaudita – commenta – un pezzo di Los Angeles che arriva a Milano, un cantiere iniziato abbattendo 70 alberi, nonostante la forte opposizione della comunità. Un progetto che oggi non potrebbe mai decollare – spiega – partiva dalla logica della centralità dell’auto e non prevedeva il confronto con i cittadini». 

Regole da aggiornare. Anche i developer investono nella mobilità, nella qualità dello spazio a terra. Il mercato e i progettisti hanno acquisito consapevolezza e competenze, sono allineati con la domanda della comunità, «ma manca un set di regole che governi il processo, al passo con i tempi. Le norme sono vecchie e sorpassate. Due esempi? La legge Tognoli – dice Parolotto – prescrive un numero di auto per progetto indicando la soglia minima e non quella massima. Ecco che nessun operatore potrà scegliere di ridurre i parcheggi, magari a vantaggio di altri servizi e infrastrutture per la comunità. E ancora, nella normativa nazionale le sezioni stradali previste dal codice nazionale sono molto ampie, pensate con le auto al centro dell’attenzione».

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Paola Pierotti
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