08-09-2023 Alessio Garofoli 2 minuti

Orazio Campo: «Incentivare la sostituzione edilizia con i premi di cubatura, mirati»

Alla guida di Ater da luglio, l’architetto racconta a thebrief la sua idea di discontinuità. Iniziando col tenere la sede di Tor di Nona

Non vedrete più interventi stile Corviale». Questo dice a thebrief Orazio Campo, neopresidente dell’Ater Roma da luglio, quando gli si domanda cosa ci si debba aspettare in termini di discontinuità da lui che è stato scelto da Francesco Rocca, governatore del Lazio di centrodestra, dopo dieci anni di centrosinistra.

Orazio Campo, neopresidente dell’Ater Roma

Per cominciare, il suo predecessore Eriprando Guerritore era avvocato, lei architetto. Più adatto al ruolo?
Ovviamente la mia opinione su questo è viziata da soggettività. Ma un architetto può essere più adatto come regista di un progetto insediativo, anche per quanto riguarda i temi legali ed economici che oggi sono indispensabili. Chiaramente coadiuvato da tutta una serie di altre professionalità. Ma sul punto sono aperto al contraddittorio.

Ater aveva avviato sotto la precedente giunta una serie di cantieri di riqualificazione di lotti popolari, da Corviale a Pineto. Vedremo cambi di marcia?
Non siamo prevenuti nei confronti di iniziative già in essere. Ma molte sono ferme, dobbiamo controllarne gli aspetti finanziari, vedere i conti insomma. Su una cosa però siamo già intervenuti.

Quale?
Abbiamo praticamente bloccato la vendita della sede Ater a Lungotevere Tor di Nona, che era avviata. Una sede storica, un simbolo. Alcuni la chiamano ancora l’«istituto» perché si ricordano ancora quando l’Ater si chiamava Iacp.

L’Ater di Guerritore aveva anche un piano Superbonus. Problemi con lo stop nazionale alla misura?
No, questo è stato un evento irrilevante perché il piano Superbonus ha avuto a Roma una ricaduta molto bassa.

E i tagli alla rigenerazione urbana del Pnrr? Vi daranno dei guai?
È stata data la garanzia di reintroduzione di quei fondi per altre vie, e mi auguro non si tratti di rassicurazioni soltanto verbali. Anche se devo dire che nel Pnrr c’erano anche interventi che non so quali ricadute potessero avere sulla vita delle persone…

Per esempio?
Noi abbiamo in previsione 90 milioni di euro da spendere a Corviale. E quei fondi naturalmente li utilizzeremo. Ma mi lasci dire che ho dei dubbi sul fatto che migliorando la performance energetica degli edifici si migliori direttamente anche la vita degli abitanti. O anche sostituire gli infissi… è una cosa che giova a chi li sostituisce. Temo che se si andrà avanti così, Corviale continuerà ad assorbire fondi senza che si risolvano realmente i problemi.

Finestra su Corviale ©Alessandro Berrettoni

Il centrodestra spinge per la linea della sostituzione edilizia.
Più che altro è proprio buon senso. Mi dica lei: cosa cambiano gli infissi nuovi in un contesto come quello?

Il che ci porta al cuore della questione. Cos’è per lei la rigenerazione urbana?
Un qualcosa che va affrontato in sinergia con tutti i portatori di interessi. Enti locali, ministeri, imprenditori, e tutti coloro che nel luogo da riqualificare vivono e lavorano. Perché senza sinergia gli interventi, almeno quelli grandi, non si fanno. Dopodiché, siccome non dobbiamo più consumare suolo, è anche un qualcosa che si basa sulla sostituzione edilizia. Che però viene spesso maneggiata in modo superficiale. La rigenerazione urbana serve più in certi quartieri che in altri, e poiché i costi di demolizione e ricostruzione sono uguali ovunque, ma i valori immobiliari no, i premi di cubatura debbono essere abbassati nel quartiere Trieste, e alzati in periferia. Altrimenti continueremo a demolire villini Liberty e a lasciare le zone degradate così come sono. D’altra parte, perché pur essendo periferia l’Eur ha quasi gli stessi valori immobiliari del centro?

Perché è un bel quartiere suppongo.
Appunto: perché è ben fatto, ben collegato, con il giusto verde. Non conta la geografia, conta la qualità.

In copertina: Corviale ©Ferdinando Battiati

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Alessio Garofoli
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