12-04-2022 Luigi Rucco | Paola Pierotti 3 minuti

Redditi bassi, donne-architetto un booster alla professione

Il Rapporto Cnappc 2021 fotografa un calo di immatricolati e abilitazioni

Come ogni anno il Consiglio nazionale degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori (Cnappc) pubblica il proprio report sulla professione dell’architetto, utile per individuare gli scenari futuri partendo dai dati.

Università. Trend in progressiva diminuzione per il numero di immatricolati. Nell’anno accademico 2020-21, infatti, gli iscritti ai corsi di laurea in scienze dell’architettura e architettura e ingegneria edile a ciclo unico sono stati 4.539. Dieci anni prima erano stati 7.568: un calo del 41% che dimostra come il percorso di laurea nelle classi di architettura abbia perso appeal.

Se si considerano anche le lauree di secondo livello pertinenti, il trend di progressivo spopolamento delle classi appare ancora più evidente, con un calo del 45% degli studenti.


Da registrare come il numero delle ragazze tra gli immatricolati sia progressivamente cresciuto negli ultimi dieci anni fino ad arrivare al 59,4%, dato che conferma la tendenza ad un riequilibrio di genere all’interno della professione di architetto.


Cala l’interesse per la libera professione, circa il 74% di tutti i laureati nei corsi di secondo livello che permettono l’accesso all’albo degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori si è abilitato all’esercizio della professione negli ultimi 10 anni.

Ma in questo decennio emerge una tendenza negativa: nel 2011 il 96% dei laureati del 2010 si è abilitato all’albo degli architetti, nel 2019 la stessa quota è scesa al 59,6 per cento. Se da un lato questo dato potrebbe far pensare ad una minore propensione dei più giovani ad intraprendere una carriera nell’ambito della progettazione architettonica, dall’altro bisogna constatare come una buona parte di giovani architetti inizi il proprio percorso lavorativo negli studi professionali a prescindere dall’iscrizione all’albo.

Un mercato di partite iva subordinate. Considerando la media del triennio, ad un anno dalla laurea magistrale sono occupati oltre il 65% dei laureati nelle classi di architettura. Il mercato resta però molto competitivo e i contratti atipici (contratti di collaborazione, contratti a progetto, formazione lavoro) la fanno da padrone, facendo costantemente crescere il fenomeno delle partite iva subordinate. Questo dimostra come passati cinque anni dalla laurea, un quinto dei laureati si trovi in una condizione lavorativa precaria e che nella maggior parte dei casi la struttura delle società di progettazione italiane non rispecchia modelli di impresa organizzata e strutturata. Da evidenziare anche il turnover in questi ultimi mesi in virtù dell’onda del Superbonus in alcuni casi, e della vivacità di un mercato che non si vedeva da anni.

Negli ultimi dieci anni le donne architetto iscritte all’albo sono cresciute del 13,9%, vale a dire 8mila architetti in più. Nei prossimi anni la quota femminile nella professione è destinata a crescere ancora. In questi giorni, intanto, il Consiglio nazionale ingegneri (Cni) ha ospitato un evento su “Ingegneria: professione di un certo genere” ricordando che dai dati Istat nelle professioni del gruppo ingegneria solo il 15% è donna.


Passando ai dati anagrafici, nel 2021 risulta che il 43,6% degli architetti italiani ha ormai più di 51 anni.


Questa percentuale è andata rapidamente crescendo e testimonia un processo di invecchiamento che sembra ormai strutturale.

Più donne nella professione, ma rimane comunque il gender-pay gap (differenza percentuale tra reddito maschile e femminile), visto che secondo i dati di Inarcasssa, la differenza di reddito tra uomini e donne si attesta al 54% in favore dei primi nel 2019. Le donne nella professione sono svantaggiate anche perché mediamente più giovani, ma lo scarto rimane importante.

Se si guarda al contesto europeo l’Italia continua ad essere il paese con il più alto numero di architetti in attività. Dato in contrapposizione con quello del reddito complessivo della categoria che si mostra significativamente inferiore rispetto a quello dei colleghi europei. In base alle stime dell’ACE, nel 2020 il reddito medio in Italia della categoria si è attestata a circa 25.700 euro, contro quello generale europeo dell’ordine dei 35mila euro, e che in Germania arriva a quasi 60mila euro. Sempre in base alle indagini ACE gli architetti italiani registrerebbero un reddito medio superiore soltanto a Ungheria, Croazia, Polonia, Romania, Grecia, Portogallo e Serbia.

In copertina: immagine ©pch.vector via freepik.com

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