16-12-2021 Francesca Fradelloni 4 minuti

Rigenerazione urbana, nuove regole contro il consumo di suolo a Milano

Bonus volumetrici al 10%. Tancredi: «Il risultato migliore all’interno del quadro legislativo regionale». Le periferie nuova occasione di business per il mercato secondo Scenari.

Come valorizzare la centralità rigenerativa delle periferie milanesi? Recuperare l’esistente può riattivare il tessuto cittadino e sociale, messo ai margini dalla città passando per inclusione e per il rammendo culturale? Sono domande che acquisiscono ancora più senso dopo la proposta di delibera appena approvata dalla giunta comunale di Milano (che dovrà essere approvata dal Consiglio entro l’anno) nell’ottica di una rigenerazione urbana che minimizzi il consumo di suolo, valorizzi la tutela paesaggistica e tutte le grandi aree verdi. Inizia l’iter delle nuove regole per “salvare” gli edifici abbandonati con bonus volumetrici al 10%. «Questo è il risultato migliore che si possa ottenere all’interno del quadro legislativo regionale, che però ancora limita il diritto di decisione dei Comuni», spiega l’assessore alla Rigenerazione urbana, Giancarlo Tancredi. Le nuove norme sono state decise in applicazione dell’articolo 40 bis della legge regionale 12/2005 che inquadra e disciplina il tema, dopo le regole già definite dal Piano di governo del territorio di Milano che non prevedevano alcun incentivo e premio volumetrico. 

Una scia di edifici in abbandono e in stato di degrado è già negli elenchi del Comune. Nella proposta è stato individuato un primo pacchetto di 115 immobili e complessi edilizi dismessi, tra i 65 già elencati con il Pgt e altri 50 frutto di segnalazioni documentate. Per questi edifici le relative proprietà avranno due anni di tempo per presentare i progetti di recupero, in assenza dei quali scatterà un iter che li chiamerà alla demolizione e, se prevista, alla perdita dei bonus volumetrici. Si tratta di immobili che, da almeno un anno dall’entrata in vigore della legge (giugno 2020), risultino dismessi e causino criticità per la sicurezza, l’incolumità pubblica, la salubrità – ad esempio per la presenza di amianto o di altri agenti chimici pericolosi – o disagio per il decoro e la qualità urbana. 

Per queste tipologie di immobili, la legge in vigore prevede la possibilità di recupero edilizio con un incremento dei diritti edificatori che può variare tra il 10 e il 25% e che, in mancanza di una precisa determinazione comunale, viene previsto di default al 20%. La stessa legge consente anche un ulteriore 5% di bonus per interventi di rigenerazione urbana che assicurino una superficie a verde non inferiore all’aumento di edificato, o che comportino una diminuzione dell’impronta a terra pari ad almeno il 10%. «In questo modo teniamo fede ai nostri obiettivi di recupero dell’esistente e di rigenerazione urbana, conteniamo il carico urbanistico e facciamo in modo che venga accompagnato da un’adeguata dotazione di aree per servizi di interesse pubblico e di oneri urbanizzativi, oltre che dalle corrette quote di edilizia residenziale sociale», aggiunge Tancredi. 

La strada fino adesso tracciata da Franco Zinna, direttore della Direzione Quartieri e Municipi, è quella di lavorare sulle infrastrutture sociali (costruendo reti sociali), scommettendo sulla ripresa a partire dalle periferie come centri di innovazione. In questo quadro viene promosso un approccio territoriale, che considera cruciale il ruolo della Pubblica amministrazione. 

Da sempre l’Unione europea sostiene lo sviluppo delle aree urbane come motori del cambiamento per realizzare una nuova era di rispetto ambientale e di rinnovamento sociale, resilienza e inclusività (si veda anche la recente esperienza del Bauhaus). 

Ma le polemiche si sono fatte sentire comunque. Quel 10% del bonus di costruzioni extra non sta bene a tutti. Per gli immobiliaristi non servirà a rilanciare gli investimenti nelle periferie che davvero ne hanno bisogno. Per gli ambientalisti, invece, è ancora troppo poco. Bisognerà aspettare lo step finale della delibera in Consiglio per vedere se il dissenso si sarà placato. 

Infatti un assaggio di quella che è sempre più la strada intrapresa dal mercato delle costruzioni milanese, le periferie, è stato dato grazie ai dati elaborati da Scenari Immobiliari. Secondo il “Rapporto sulle nuove periferie lombarde” i “bordi” della città saranno una grande occasione di business, capace di generare investimenti per 200 miliardi di euro da qui al 2050. 


Le aree degradate, dismesse o a rischio degrado coprono una superficie territoriale di circa 22,6 chilometri quadrati, e 67.300 edifici, per la quasi totalità (98%) prevalentemente residenziali. 


Breve storia della Legge regionale – L’articolo 40 bis è stato riformulato dopo le tre ordinanze del Tar della Regione Lombardia del febbraio scorso che, nell’ambito di tre ricorsi presentati da altrettanti proprietari di immobili nei confronti del Comune relativamente alla norma sul recupero degli edifici abbandonati del Pgt, hanno di fatto dato ragione all’Amministrazione che aveva sollevato il tema di illegittimità costituzionale dell’articolo 40 della Legge regionale 12/2005 che consentiva ai proprietari degli immobili abbandonati di ottenere un bonus edificatorio fino al 25% e di costruire in deroga alle norme morfologiche e a quanto previsto dal Pgt. Lo stesso articolo 40 è stato poi definitivamente bocciato dalla Corte costituzionale con una sentenza datata 6 ottobre e depositata il 29, e al suo posto è entrato in vigore l’articolo 40 bis, che riduce i bonus volumetrici e lascia maggiore autonomia ai Comuni nella pianificazione della rigenerazione del proprio territorio. Tutti i Comuni sono obbligati a metterlo in atto entro il 31 dicembre, pena l’applicazione automatica di un bonus volumetrico del 20%.

In copertina: Milano. Ph. ©Gregory Smirnov via Unsplash

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Francesca Fradelloni
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