17-11-2014 Paola Pierotti 1 minuti

Se Venezia muore: una riflessione sulla salvezza delle città storiche

Salvatore Settis: "Dobbiamo ritrovarne l’anima, rivendicare il diritto alla città"

Se Venezia muore, Salvatore Settis, 2014. Vele, Giulio Einaudi Editore. Costo: 11 euro

Fragile, antica, unica per il suo rapporto con l’ambiente, Venezia è per Salvatore Settis il paradigma della città storica, al centro di mutamenti frenetici che, imposti da ragioni produttive e di mercato, “violano il contesto naturale e lo spazio sociale, mortificano il diritto alla città e la democrazia”. Insidiate dalla resa a una falsa modernità, dallo spopolamento, dall’oblio di sé, le città storiche rischiano l’omologazione e la perdita di quella diversità che ne rappresenta l’anima più intima e vera. Ma è soprattutto l’eclissi della memoria che a Venezia “minaccia la convivenza civile, insidia il futuro, toglie respiro al presente”. Un oblio di sé che è principalmente la mancanza di consapevolezza del ruolo specifico che essa ha rispetto alle altre, perché da quella unicità dovrebbe costruire il proprio futuro.

Nel saggio Se Venezia muore (Giulio Einaudi editore, Torino 2014) Settis afferma con forza come, nel mondo attuale, vi sia posto per la diversità “di modelli urbani, di culture, di stili di vita”, e che il modello elaborato a Venezia ha ancora “diritto di cittadinanza” per costruire e garantire il futuro. Perché se Venezia muore “…morrà l’idea stessa di città, la forma della città come aperto e vario spazio di vita sociale, come creazione di civiltà, come impegno e promessa di democrazia”.

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Paola Pierotti
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