26-03-2024 Chiara Brivio 8 minuti

Come attuare la direttiva case green?

La proposta targata Symbola, Cresme, Assimpredil e European Climate Foundation

Ripristinare misure di sostegno per facilitare la transizione energetica, arrivare all’autonomia energetica del nostro Paese, avere norme congrue, chiare e durature nel tempo, potenziare il partenariato pubblico-privato e rafforzare la cultura della sostenibilità.

Sono solo alcuni dei temi emersi alla presentazione del rapporto “Il valore dell’abitare. La sfida della riqualificazione energetica del patrimonio edilizio italiano”, promosso da Cresme, Fondazione Symbola, Assimpredil Ance e European Climate Foundation, presentato a Milano il 25 marzo. Una corposa ricerca che cerca di fare un punto sulla situazione del comparto edilizio e del Paese nel post-Superbonus e di come l’Italia potrà affrontare il percorso verso gli obiettivi fissati dalla direttiva europea Energy performance of Buildings Directive (Epbd) (comunemente chiamata “Case green”) e recentemente approvata dal Parlamento europeo. Una direttiva che pone obiettivi sfidanti da qui al 2050, con la completa decarbonizzazione del patrimonio edilizio degli stati membri entro tale data, con step intermedi della riduzione dei consumi degli edifici residenziali del 16% entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035.

«La riqualificazione degli edifici è una priorità assoluta del Paese – ha ribadito Regina De Albertis, presidente Assimpredil Ance, intervenuta all’evento –. Abbiamo gli strumenti, ma serve un sostegno per far attivare le persone, che devono capire che la riqualificazione è un vantaggio competitivo per loro, non è solo un costo. È una sfida culturale». E sul tema incentivi, la presidente ha rimarcato, «le misure di sostegno devono arrivare, e auspichiamo che gli incentivi abbiano una durata temporale adeguata per consentire all’imprenditoria di organizzarsi. La pecca del Superbonus sono stati i continui cambi sia temporali che normativi».

Una questione, quella che sembra un’impasse linguistico – ossia il passaggio da ‘costo’ a ‘investimento’ – sottolineata anche da Ermete Realacci, presidente di Symbola, che punta sull’edilizia come un comparto che può contribuire a contrastare il cambiamento climatico e ridurre le emissioni clima-alteranti, oltre che favorire l’autonomia energetica e la riduzione delle bollette, sottolineando come tutto questo sia anche una questione culturale. «Si vince solo se le imprese capiscono che quella è la direzione (della sostenibilità ndr)» e facendo riferimento al Superbonus dice «il 110 indicava una direzione giusta, ma in maniera sbagliata. Aver previsto incentivo così alto, ma per poco tempo, ha gonfiato il mercato delle imprese, e ne ha ridotto la capacità tecnica». Ma, e c’è un ma, «la direzione è quella, bisogna far capire che è utile per tutti, per costruire un’economia più forte».

I numeri del Superbonus. Una fotografia tutto sommato positiva, quella del Cresme. Secondo i dati, illustrati dal suo direttore tecnico Lorenzo Bellicini, nel 2022, con gli investimenti incentivati, i lavori sono saliti a 94,6 miliardi di euro rispetto a 67,1 del 2021, per avere poi una flessione a 83,7 nel 2023. E come si legge nel report, nel 2022 per la prima volta i lavori di riqualificazione energetica hanno superato per importo quelli di semplice recupero edilizio (63,6 miliardi di euro pari al 53,6% del mercato della riqualificazione). In termini di investimenti per lo Stato, al 30 ottobre 2023 si era arrivati a 135 miliardi di euro, investimenti che hanno interessato l’intero sistema economico, e dei quali il 34% è tornato o sta tornando allo Stato, il 27,6% è andato ai servizi (al netto della Pa), il 18,0% all’industria manifatturiera e il 20,4% alle costruzioni.

I costi e i punti deboli del 110. Il Cresme parla di quasi 59 miliardi di euro (contro i 65 dei valori correnti) di saldo negativo per lo Stato a fronte di 91 miliardi di investimenti tra il 2021 e il 2023 e di circa 100 miliardi portati in detrazione. «Come Cresme, pensiamo che abbiamo avuto incentivi eccezionali troppo alti per troppo poco tempo – chiosa Bellicini –. Ma non ne possiamo fare a meno per raggiungere i target europei. Saranno necessari incentivi chiari e a lungo termine, e soprattutto dimostrare la qualità degli interventi e le performance degli investimenti».


Che cosa ha fatto la differenza nella crescita del mercato? Per Bellicini sono stati «la cessione del credito e lo sconto in fattura». «Il Superbonus è servito a tutta l’economia – ha spiegato Bellicini –, non solo alle costruzioni in senso stretto. E nel 2022 il Pil è cresciuto di un quarto grazie agli incentivi per il risparmio energetico».


Sul fronte incentivi e misure, qualcosa si muove e qualche apertura c’è, come ha detto Marco Osnato, presidente VI Commissione Finanze alla Camera dei deputati, intervenuto all’evento, che ha parlato di una valutazione di un piano di sostegno al comparto edilizio che sarebbe allo studio da parte del Mef. Ma che, se ripristinati, dovranno essere selettivi e neutrali, cioè che partano anche dalla situazione italiana di diversità rispetto agli altri Paesi europei nell’ambito dei target della Epdb. Non solo, anche al dicastero guidato da Gilberto Pichetto Fratin, quello dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, sarebbe stato convocato un tavolo, al quale partecipa anche il Mef, incentrato sulla creazione di un registro del parco immobiliare residenziale e pubblico, che includa anche i consumi e le classi energetiche, con le caratteristiche impiantistiche ed edilizie, a valle del quale potranno essere identificati gli interventi prioritari da fare. Ma soprattutto, ha spiegato Roberta Toffanin, esperta del ministero, «al tavolo si discute anche di incentivi, i quali, affinché possano essere messi in atto, dovranno essere stabili e mirati. Saranno dentro il testo unico delle imposte dirette e terranno in considerazione la capienza fiscale». Gli esiti di queste consultazioni dovrebbero essere imminenti, sempre secondo l’esperta.

A questi due tavoli se ne aggiungerebbe almeno un terzo, quello sull’abitare, promosso dal ministro Matteo Salvini . Non sarà forse il tempo di riportare la casa e la rigenerazione urbana sotto la guida di un’iniziativa del governo, in modo compatto?

E l’Europa? Dall’Europa dovranno arrivare più fondi per l’indipendenza energetica, è questa l’opinione di Piero Petrucco, presidente Fiec e vicepresidente del Centro studi Ance, che invece è contro l’idea di un sostegno al comparto, in quanto in una posizione odierna di solidità.

«In Italia c’è un patrimonio più vecchio e frammentato che in altri paesi, un sistema di credito diverso per l’acquisto della casa, forse più rigido con una certa staticità, e all’estero il tema casa è meno pesante che da noi» così Patrizia Toia, vicepresidente Commissione per l’industria, la ricerca e l’energia del Parlamento Europeo, in riferimento al processo che ha portato alla modifica dell’Epbd raccogliendo anche le preoccupazioni del nostro Paese sulle norme e gli obiettivi della direttiva.

«È vero che la normativa parla di una riduzione dei consumi del 16% entro il 2030 e di questo 16% il 55% riguarda le case meno performanti – ha detto Toia –, ma saranno i paesi e le regioni a decidere dove, e potranno ridefinire anche le classi, identificando luoghi e tipi di edifici». In questo contesto sarà importante una solida programmazione tecnica, finanziaria e di merito, ha poi concluso.

I numeri del report. Tanti i numeri nel report, a partire da quelli sul patrimonio edilizio nazionale che, secondo le stime del 2022, è pari a 12,5 milioni di edifici residenziali che ospitano un totale di 32,3 milioni di abitazioni, di cui il 78,4% circa è occupato da famiglie residenti. Un numero considerevole che rende l’Italia primo paese in Europa per numero di case ogni 1.000 abitanti, con 599 abitazioni, a fronte di una media europea di 506 (in Francia per esempio sono 566). Il problema di questo stock è la vetustà – il 72% è stato infatti costruito prima del 1980 –, che porta ad avere il 68,5% di queste abitazioni in classi energivore, con il 55% in classe f e g, e il 16% in classe e.

Non solo, ma come ha sottolineato ancora Bellicini, questi 12 milioni e mezzo di edifici «si trovano in zone climatiche diverse tra loro, in una situazione molto più articolata rispetto ad altri paesi europei». E facendo riferimento alla Epdb, che nella versione approvata tiene conto delle diverse situazioni di partenza degli stati membri e che dovrà intervenire proprio sul quel 16%, ha aggiunto «bisogna fare quindi una riflessione su quali interventi e quali politiche saranno necessarie».


E al gap energetico si associa un gap economico, perché «chi sta meglio economicamente sta meglio energeticamente» ha detto ancora il direttore tecnico del Cresme (si stima che una famiglia che vive in un edificio in classe g paghi 10 volte in più rispetto una che vive in classe a).


Si lega quindi in discorso dell’efficientamento anche a quello della povertà energetica e dell’autonomia energetica del Paese, perché, come dimostrano i dati dell’Osservatorio sulla povertà energetica in Italia e citati da Fabio Stevanato, presidente della European Climate Foundation, se nel 2023 si era scesi al 7,9% di popolazione in condizioni di non poter pagare le bollette o non poter usare l’energia, nel 2024 tornerà al 9%, con picchi del 22-24% al Sud Italia. Una situazione che può essere risolta solo potenziando i partenariati pubblico-privati, perché le amministrazioni locali si trovano in una situazione di difficoltà per diversità di vedute o obiettivi divergenti, ha aggiunto Stevanato. «L’industria ha cambiato modo di approcciare i problemi – ha poi concluso –, questo dovrebbe essere esteso anche alla Pa e alla società civile».

Da qui è necessario anche puntare all’autonomia energetica del Paese.

Il report evidenzia anche quanto solo con un salto di due classi energetiche il patrimonio edilizio residenziale porterebbe ad una riduzione di media del 40% della bolletta di una famiglia, equivalente ad un risparmio annuo di 1.067 euro ai costi del 2022 e allo stesso tempo un incremento del valore delle abitazioni. Un valore che, sempre secondo lo studio, si incrementerebbe del 50,8% fuori dalle aree metropolitane in luoghi non turistici, e del 40,5% in più nelle periferie, andando a favorire quelle fasce di popolazione più fragili.

Lato occupazione, il Cresme stima, grazie agli incentivi fiscali, un’attivazione media annua di oltre 639mila occupati diretti, che salgono a oltre 959mila considerando anche l’indotto.

Durante il Consiglio dei ministri tenutosi nella serata del 26 marzo è stato approvato un decreto-legge che “introduce misure urgenti in materia di agevolazioni fiscali” e che pone definitivamente fine allo sconto in fattura e alla cessione del credito per gli interventi successivi all’entrata in vigore delle nuove norme. Il decreto, che ha un forte carattere di urgenza, cancella altresì l’istituto della remissione “in bonis”, che avrebbe consentito, dietro pagamento di una minima sanzione di 250 euro, la comunicazione funzionale alla fruizione dei benefici fino al 15 ottobre, e introduce misure volte ad acquisire maggiori informazioni inerenti la realizzazione degli interventi agevolabili, con una sanzione di 10mila euro se si ometterà di comunicare tali informazioni nel caso di interventi già avviati (per quelli nuovi è prevista la decadenza dall’agevolazione fiscale) (aggiornato al 27 marzo 2024).
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Chiara Brivio
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