01-12-2022 Francesca Fradelloni 2 minuti

Dissesto del territorio, Morassut: spendere i fondi, ma senza logica centralista

Programmazione, pianificazione e semplificazione. Ripartire da qui

Sono sempre più ordinari i 130 millimetri di pioggia che scendono in poche ore, lo sradicamento di case e la distruzione di vite umane, famiglie intere con neonati e bambini, cittadini soffocati dal fango e schiacciati dai detriti a causa del maltempo. Tornerà il sole? Il caso di Ischia fa gridare vendetta, ma soprattutto rende chiara la necessità di cambiare la trama di questa lunga storia.

Risolvere il dissesto idrogeologico deve essere una priorità, oggi con i fondi del Pnrr, si può fare. Ma la ricetta, perché anche il sacro Piano nazionale non faccia un buco nell’acqua, bisogna che abbia tre ingredienti: programmazione, pianificazione e semplificazione.

Le norme a forza inserite dall’ex sottosegretario all’Ambiente, Roberto Morassut, nel primo decreto semplificazioni del Pnrr (77/2021) sono ferme e inattuate, ma esistono. C’è un programma e delle soluzioni molto chiari. Non per risolvere il problema del dissenso, ma per attenuarlo.

«La cosa che mi preme dire è che le risorse ci sono, e non sono poche», racconta Roberto Morassut a thebrief. «Abbiamo a disposizione risorse europee come i Fondi di sviluppo e coesione con denari dedicati alle regioni più a rischio (Calabria, Sicilia, Sardegna e Campania); risorse nazionali del Piano stralcio e i fondi del Pnrr che arrivano a quasi 8 miliardi. Il problema che non si spendono. L’iter è codificato: chi ha le opere assegnate (dai Ministeri) sono le Regioni, queste poi le passano ai Comuni che attraverso enti e consorzi dovrebbero metterle a terra con opere e bonifiche del territorio. Mentre le autorità di distretto (per fare degli esempi Alpi orientali, fiume Po, Appennino settentrionale, Appennino centrale, Appennino meridionale, Sardegna) dovrebbero sovraintendere e svolgere un lavoro di pianificazione, ma vivono un gravissimo problema di carenza di personale. Quindi i temi sono: spendere le risorse e come fare le opere», precisa Morassut.


Noi oggi abbiamo la necessità di spendere i soldi per limitare le fragilità del nostro territorio ma dobbiamo farlo accorciando i tempi per il trasferimento delle risorse, rendendo tutto più fluido e immediato.


La messa in sicurezza del territorio, la sicurezza e l’adeguamento degli edifici, l’efficienza energetica comprendono interventi delicatissimi che richiedono competenze tecniche e semplificazione normative. «Specifico che molti interventi sono a carico di Comuni molto piccoli che non hanno quindi figure tecniche così specializzate, ma soprattutto le hanno in numero ridotto», continua il parlamentare del Pd. In passato, inoltre, si era tentato con Italia Sicura di dare una svolta. Si trattava di una struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche, un data base sui cantieri e sulle fragilità del territorio. Una struttura di validissimi professionisti, ma con una logica centralista non adeguata in un Paese con una varietà unica, di climi e microclimi, di paesaggi diversissimi tra loro, una tradizione abitativa unica, io lo chiamo il villettismo, ma ancora molto agricola, insomma un capitale naturale straordinario che ha bisogno di specialità e specializzazioni di intervento. Noi oggi abbiamo la necessità di spendere i soldi per limitare le fragilità del nostro territorio ma dobbiamo farlo accorciando i tempi per il trasferimento delle risorse, rendendo tutto più fluido e immediato». Senza emergenze e garantendo la sicurezza ai cittadini.

Foto di copertina tratta dalla pagina Facebook di Roberto Morassut

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Francesca Fradelloni
Articoli Correlati
  • Al via le iscrizioni per il Fiabci Prix D’Excellence Award Italia 2024

  • Rigenerazione urbana, la lezione delle ex Reggiane spiegata dal sindaco

  • A2A Headquarters, Milano, render by ACPV ARCHITECTS

    Tutti gli ingredienti di un buon progetto. Intervista a Patricia Viel

  • Rigenerazione più coraggiosa per le periferie, Rampelli: «Stop al dogma del consumo di suolo»