07-12-2023 Paola Pierotti 5 minuti

Rigenerazione urbana, la lezione delle ex Reggiane spiegata dal sindaco

Con il Tecnopolo, il comune emiliano premiato come “miglior committente” nell’ambito dell’iniziativa ‘Architettura chi e come’

Riqualificazione di un comparto di archeologia industriale, senza perdere la memoria del luogo, un luogo dell’anima dove è passata tutta Reggio Emilia, dove tutte le famiglie si riconoscono; memoria e ricostruzione di comunità. E poi attrazione e capitalizzazione di risorse pubbliche, fin dai primi ‘Piani città’ del governo Monti e poi con il ‘Piano periferie’ del governo Renzi e poi ancora con fondi europei transitati in Regione. Attrattività di talenti e capacità di trattenerli. Vent’anni di continuità politica su un unico progetto, partito con l’amministrazione guidata da Graziano Delrio e poi sviluppato sia dal punto di vista attuativo, sia in termini di implementazione dell’idea – che era inizialmente quella di mettere a posto dei capannoni per riempirli di imprese e centri di ricerca. Luca Vecchi, sindaco di Reggio Emilia, racconta così l’identikit del progetto di valorizzazione dell’area a Nord della città, che risponde «ai rami alti dell’innovazione economica e dell’alta formazione» e che è un esempio tangibile di sintesi tra architettura e rigenerazione urbana. Siamo a nord della ferrovia, in quell’area delle ex Reggiane che oggi ha cambiato volto con il parco dell’innovazione. Oltre la ferrovia, tra l’altro, oggi sono stanziati altri 20 milioni di Pnrr per interventi di riqualificazione residenziale, con particolare attenzione agli studenti universitari. E poi ad est del parco innovazione, si trova tutta l’area di Campo Volo. Oltre, il campus universitario.


Un quadrante di città (quello a Nord-Est della città di Reggio Emilia) che si sta progressivamente ripensando sotto il segno dell’innovazione, del lavoro e della ricerca , del tempo libero, dello sport .


«Inizialmente la popolazione non coglieva la prospettiva, c’è stato anche un vento contrario quando l’amministrazione parlava di programmazione degli investimenti – racconta il sindaco Luca Vecchi – e la comunità leggeva il degrado. Non è stata una battaglia scontata». Il forte attaccamento al luogo e comprensione del progetto alla fine però hanno aiutato. «Fin da subito ci siamo posti il problema del rapporto con il quartiere circostante – aggiunge il sindaco – quello della stazione, un comparto di circa 15mila persone: un ex quartiere operaio dove quando si spegne la grande fabbrica, il quartiere stesso si spegne». Rigenerazione urbana e territoriale: a 500 metri in linea d’aria oggi c’è la nuova arena della musica, Rcf Arena Campovolo, a meno di un chilometro linea d’aria c’è il campus universitario San Lazzaro, più a nord la stazione AV Mediopadana (1,7 milioni di passeggeri l’anno), sempre più attrattiva. «Connettere l’area a nord della città all’interno di un’unica strategia è stata la scelta giusta per attrarre investimenti privati» dice il sindaco.

Parliamo di un’area di 250mila mq area quella dell’ex Reggiane a cui si aggiunge quella del vicino Centro internazionale Loris Malaguzzi (sede della Fondazione Reggio Children che si occupa di ricerca e formazione in ambito educativo e pedagogico), quella del Piazzale Europa (dove un tempo c’era un parcheggio e ora c’è una pista da skateboard e un campo da basket). «Fino a due anni fa in quel piazzale si contava un reato al giorno – dice il sindaco – non è stato facile tenere insieme i ricercatori che via via occupavano gli spazi del centro dell’innovazione e gli oltre 150 senza tetto che avevano trovato casa in questa zona della città».

A Reggio Emilia il placemaker è il pubblico. Il progetto è decollato con circa 50 milioni di spesa pubblica negli ultimi 10 anni, poi è arrivato il privato, attratto da questi investimenti e dall’avvio della riqualificazione concreta degli immobili. Il privato si è inserito, ha fatto investimenti e ha affittato o comprato gli spazi, ripagando gli investimenti pubblici. Oggi si stima un’operazione per il 50% pubblica e per il 50% privata, ma il sindaco è convinto che ora ci sia un’inerzia «che richiamerà nuovi privati. Oggi c’è il polo del digitale dell’Università Modena-Reggio Emilia, sono arrivate nuove funzioni aziendali molto variegate, dalla meccatronica alla ricerca in campo biomedicale, dalla ricerca sulla produzione animale ad una sede di produzione cinematografica. Una mescolanza di saperi umanistici e scientifici che sono l’elemento originale».


Un progetto complicato reso possibile da una buona “architettura finanziaria”: il Comune (in una società che condivide con la multiutility locale Iren, 70% Comune e 30% Iren) ha tenuto in mano la regia, senza esporsi in termini finanziari. Ha attratto risorse per investire sul patrimonio esistente e poi sono arrivati i privati che hanno acquistato o preso in affitto gli spazi.


Iren – che prima dell’estate con un investimento di 75 milioni per l’economia circolare del territorio ha inaugurato un biodigestore, FORSU, che trasformerà ogni anno 100mila tonnellate di residui organici in biometano, compost di qualità ed anidride carbonica per usi industriali – ha investito nell’operazione delle ex Reggiane con un capitale iniziale di partenza e oggi insieme al Comune sta studiando come mettere a punto una grande comunità energetica: «l’area è già stata candidata ad un bando della Regione – racconta il sindaco – per ottenere un finanziamento in questo senso»

Attenzione all’ambiente ma anche al sociale: dalla fine degli anni ’90 la città è cresciuta di 2.000 abitanti all’anno, da 125mila abitanti oggi ne conta 170mila abitanti. Una città con 25mila persone residenti di origine straniera, di cui 100 nazionalità (3.000 cinesi, 3.000 albanesi..). “Comunità che si sono inserite nel lavoro – precisa il sindaco – la disoccupazione qui è del 3%; forte anche il dialogo interreligioso, ad esempio abbiamo tre moschee. La città si è misurata con la diversità”. Sul tema della convivenza e dell’integrazione Reggio Emilia lavora da tempo, anche in sinergia con altre città europee con cui condividere il network delle “città del dialogo”

Una coincidenza: nel giorno dell’evento organizzato da Fortune Italia e PPAN al Maxxi di Roma per assegnare un riconoscimento alla miglior committenza, il Comune di Reggio Emilia aveva già fissato in agenda la festa per i 10 anni del suo Tecnopolo, elemento originario del Parco Innovazione delle Reggiane. E proprio per questa architettura, su progetto dello studio di Andrea Oliva, il sindaco Luca Vecchi ha ottenuto un riconoscimento a valle di una selezione da parte di una commissione composta da protagonisti dell’architettura contemporanea, economisti, giornalisti specializzati e docenti (Leonardo Donato, Maura Gancitano, Renato Loiero, Andrea Margaritelli, Paola Pierotti e Cino Zucchi), sintesi del lavoro di indagine giornalistica raccolta nello speciale “Architettura Chi e Come”  .

Un premio a testimonianza dell’impegno e del risultato raggiunto nella “scelta di un progetto, che sa valorizzare l’esistente, prendendosi cura del futuro, con flessibilità d’uso, creatività e sperimentazione”. Il progetto del Tecnopolo è stato valutato insieme ad altre 99 proposte: 100 sono infatti le architetture dell’atlante del contemporaneo pubblicato su Fortune Italia con una selezione curata da PPAN, che raccontano la miglior produzione italiana, con committenti

pubblici e privati, opere realizzate e altre prossime al cantiere, tutte selezionate attraverso concorsi e/o vincitrici di premi. Una lista di altrettanti studi per dire quali sono le firme che stanno lasciando un segno nelle città.
“L’impegno nella cura del progetto, l’originalità delle soluzioni proposte alle sfide contemporanee legate a innovazione, digitalizzazione e attenzione al cambiamento e all’impatto sociale si legge nelle motivazioni sono alla base del loro successo” il commento della commissione.

In copertina:  Tecnopolo, Andrea Oliva architetto 

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Paola Pierotti
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