
A Roma mancano 95mila case. Aperto il dialogo tra Pa e costruttori
Ance Roma - ACER allarga il tavolo e invita a lavorare su leva urbanistica, finanziaria e fiscale
Imprese di costruzioni e banche, pubblica amministrazione e attivisti del social housing. Tutti insieme in un dialogo a più voci per accendere un faro sul tema dell’abitare, nella Capitale.
Il tema della casa è un’emergenza in Europa ma anche nel nostro Paese, che inficia non solo sul piano economico, ma anche su quello sociale e ambientale. La città di Roma si profila come un potenziale laboratorio dove il partenariato pubblico e privato deve riuscire a lavorare per proporre soluzioni adeguate, facendo fronte alle difficoltà con cui si confrontano i cittadini nel quotidiano e più in generale traguardando il futuro. La casa è un bene primario che, ormai, si fa sempre più irraggiungibile, in particolar modo nelle città densamente popolate e nelle città attrattive, come Roma.
«Il tema casa riguarda un problema complesso a cui non può essere data una risposta univoca. C’è sempre più bisogno non solo di fare case ma di fare case sostenibili sotto il profilo energetico, economico e della sicurezza». Così il presidente Ance Roma – ACER, Antonio Ciucci all’apertura dei tavoli di discussione organizzati dalla stessa associazione dei costruttori dal titolo “Abitare a Roma. Sfide e proposte per una casa sostenibile”. Il presidente, riprendendo i dati di Scenari Immobiliari, aggiunge come sia necessario «reperire 95mila abitazioni nei prossimi dieci anni per sopperire alle richieste di questi cittadini e delle fasce a basso reddito».
La questione dell’abitare è stata affrontata in tutte le sue sfaccettature, per poi arrivare ad uno snodo fondamentale: l’importanza della collaborazione tra le istituzioni ed i privati.
Il partenariato pubblico-privato è quindi una prima strada per raggiungere una svolta su Roma e sui suoi residenti. Un punto di partenza segnato anche dall’intervento del sindaco della Capitale, Roberto Gualtieri, che afferma: «Abbiamo lanciato una proposta di piano Casa che riesca a sostenere la realizzazione di quanti più edifici sul territorio». Ecco perché serve un osservatorio della condizione abitativa e l’assessorato al Patrimonio e alle Politiche Abitative sta lanciando un’Agenzia dedicata. L’obiettivo? «Vogliamo trovare una dimensione di città della prossimità. Siamo consapevoli che si tratta di una sfida che intreccia politiche sociali ed economiche, ma è l’unica via per migliorare la città», ha aggiunto Gualtieri.
L’incontro “Abitare a Roma”, a cui PPAN ha contribuito per l’ideazione e il coordinamento, è stato l’occasione per permettere agli operatori delle costruzioni di condividere spunti che riguardano un futuro in cui la casa resti un bene primario, ma che sia anche alla portata di coloro che attualmente sono all’interno della cosiddetta “fascia grigia”. «Il futuro del nostro settore – ha detto la vicepresidente all’Edilizia Privata Ance Roma – Acer, Benedetta Bonifati – è legato alla riqualificazione del patrimonio immobiliare italiano, non solo storicamente vetusto ma anche non più adatto alle esigenze dei cittadini di oggi. È quindi urgente intervenire per portare la rigenerazione dove più c’è bisogno, cioè nelle zone periferiche. Dobbiamo però far sì che le operazioni immobiliari siano sostenibili, altrimenti rimarranno iniziative irrealizzabili. Noi accogliamo la disponibilità del Comune a rivedere politiche e programmi in essere, per far sì che si concretizzino. Per chi non può accedere al libero mercato, l’utilizzazione dei piani di zona della legge regionale 167 può essere una risposta purché siano superati quegli ostacoli che oggi impediscono la fattibilità».
Redo sgr è un grande protagonista della trasformazione degli ex scali milanesi, un soggetto che si muove con i player, anche istituzionali, capace di fare housing sociale. Al tavolo di discussione, il presidente, Carlo Cerami, afferma: «Redo ha deciso di investire non più solo su Milano, ma anche su Roma. Il grande tema è quello della trasformazione piuttosto che la rigenerazione dell’esistente. Quali sono gli ingredienti giusti? Sicuramente la collaborazione della Fondazione Cariplo, che ha messo a disposizione le risorse fondamentali per il contrasto all’aumento dei prezzi degli alloggi. I Comuni hanno disposto le aree e le norme regionali hanno poi favorito l’espandersi dei progetti, sostenuti anche grazie ai grandi investitori, come Cariplo e Cdp».
Da qui, le parole dell’assessore all’Urbanistica e alla Città dei 15 minuti del Comune di Roma, Maurizio Veloccia, che sottolinea: «Riscontriamo una grande vivacità del mercato in cui è palpabile però un gap concreto tra i costi di realizzazione dell’housing sociale e le aspettative pubbliche. La sfida è quella di riuscire a coniugare domanda e offerta sostenibili. Dobbiamo capire insieme come riuscire a soddisfare la domanda, realizzando anche nuove case popolari».
«Il tema della casa è una delle questioni che non possiamo in alcun modo derubricare né lasciare sullo sfondo, anche per evitare di trovarci ad affrontare situazioni complesse simili a quelle che si stanno verificando in altre parti d’Italia e del mondo. Attraverso la riforma delle norme tecniche, la delibera sulla modifica dell’housing sociale — che a breve sarà portata in Aula — e l’investimento di milioni di euro sul patrimonio pubblico». A chi vuole investire a Roma il Campidoglio dice «avete un’Amministrazione che apre le porte ed è pronta a dialogare; però, dall’altra parte, ci aspettiamo proposte che tengano conto delle esigenze sociali della città». Solo una città in grado di rispondere a queste esigenze e a questi fabbisogni può crescere meglio, in modo più sostenibile e coeso.
La soluzione alla sfida sull’abitare «che abbiamo di fronte è mista – incalza Andrea Tobia Zevi, assessore al Patrimonio e alle Politiche abitative di Roma Capitale – serve un mosaico di iniziative. Il patrimonio pubblico offre una strada interessante perché consente sia di riqualificare pezzi di città, che altrimenti rischiano di essere abbandonati, sia di risparmiare nell’ottica di un’alleanza tra pubblico e privato». E poi ancora «serve una grande alleanza trasversale tra pubblico e privato, istituzioni e imprenditori, attori sociali – ha aggiunto – il nostro piano strategico per il diritto all’abitare si muove su quattro assi di intervento: l’acquisto di nuovi alloggi, il recupero di edifici pubblici privati abbandonati, la riforma del welfare abitativo, che – come detto da Veloccia – andrà in assemblea capitolina a giorni, e la costituzione dell’agenzia dell’abitare, la cui delibera sarà pronta nelle prossime settimane».
Non c’è casa se non si considera anche l’ambito dei servizi. Non solo hardware quindi, ma anche software, questa è l’essenza dell’abitare che tiene insieme urbanistica e politiche abitative. Ecco che la galassia dei soggetti da coinvolgere nel dialogo si amplia e i costruttori chiamano al tavolo banche e attivisti del social housing, per fare due esempi. Giordana Ferri direttore esecutivo Fondazione Social Housing, ripercorre il lungo percorso di housing sociale in Italia: «La struttura dell’edilizia a canone agevolato si è persa con l’idea che ogni italiano potesse essere proprietario della propria casa. Ora siamo in un momento di empasse in cui ci troviamo a ripensare a come debba essere fatto l’housing sociale. Finora i soggetti protagonisti sono in difficoltà perché senza un fondo perduto è difficile fare lo stesso numero di alloggi che si facevano prima. Esistono, però, diversi strumenti che vengono usati nell’Europa del Nord, come i fondi di garanzia».
Tra le voci quella di Milena Messori, capo ufficio del Gruppo Bei in Italia e responsabile per i finanziamenti al settore pubblico: «Nel 2024 abbiamo partecipato alla realizzazione di 20mila unità abitative e al miglioramento dell’efficientamento energetico di altre 100mila». Messori evidenzia l’importanza dell’edilizia sociale che diventa priorità nel mondo del costruito, in rapporto alla tutela del diritto alla casa per la “fascia grigia”.
In copertina: @Adobe Stock

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