19-03-2015 Paola Pierotti 4 minuti

Building The Expo: i dettagli costruttivi di 30 padiglioni in mostra al Made

Intervista a Luisa Collina, Politecnico di Milano, curatore del progetto che sarà allestito in Fiera a sei settimane dal grande evento

"Si alternano architetture fortemente tecnologiche con altre più pittoresche. Expo è un parco tematico, un’occasione di sperimentazione architettonica perché anche nel progetto i Paesi hanno interpretato il tema del cibo: c’è chi è intervenuto in modo mediato e astratto, e chi ha fatto prevalere soluzioni figurate"

Luisa Collina

Building The Expo è il titolo della mostra che sarà allestita al Made Expo dal 18 al 21 marzo, alla Fiera di Rho Pero: sarà la presentazione in anteprima di oltre 30 padiglioni che attraverso dettagli costruttivi, materiali e prototipi, foto e video di cantiere verranno svelati a 50 giorni dall’apertura del grande evento. “Abbiamo voluto creare un ponte tra la fiera specializzata nel settore delle tecniche costruttive e l’evento che si inaugurerà sei settimane dopo. Un momento di riflessione – ha spiegato Luisa Collina, delegata del rettore del Politecnico di Milano per Expo 2015 e curatore della mostra – sui temi del costruito, visto che dal 1 maggio tutti saranno travolti dai contenuti, dagli allestimenti e dalle scenografie. Questo è il momento giusto per fare un punto sulla parte hard del padiglioni: interrogarsi su quali siano gli ingredienti che stanno alla base di queste architetture, vedere come sono fatti gli scheletri delle strutture, studiare il processo progettuale e costruttivo”.

Luisa Collina in questi mesi ha visto crescere da vicino il cantiere di Expo 2015. In estrema sintesi, che paesaggio si è realizzato?
Ci sono strutture semplici e sintetiche ed altre più complesse con elementi combinati. C’è chi ha lavorato sull'innovazione cercando di stupire con strutture ardite e particolari tecnologie, chi invece ha lavorato sui materiali tradizionali valorizzando anche quelli che caratterizzano il Paese di provenienza.

Qualcuno ha importato i materiali dal proprio Paese?
Si: Giappone, Francia e Cile si sono portate il proprio legno.

Expo Milano sarà locale e globale allo stesso tempo, nella scelta dei materiali ma anche per le forme?
Assolutamente, si alternano architetture fortemente tecnologiche con altre più pittoresche. È un’occasione di sperimentazione architettonica perché anche nel progetto i Paesi hanno interpretato il tema del cibo: c’è chi è intervenuto in modo mediato e astratto, e chi ha fatto prevalere soluzioni figurate. Dal chicco di riso della Malesia al gigantesco cappello dei coltivatori thailandesi. Sarà un parco tematico.

Quali padiglioni avete scelto per la mostra al Made Expo?
Al momento hanno confermato la propria partecipazione 25 padiglioni self built (su 53, per cui quasi la metà) e 6 padiglioni di aziende o associazioni. Tra i padiglioni nazionali (Self-built Pavilions) ci sono Angola, Azerbaijan, Bahrein, Belgio, Brasile, Cile, Cina, Colombia, Emirati Arabi, Francia, Germania, Giappone, Israele, Italia, Malesia, Olanda, Principato di Monaco, Repubblica Ceca, Russia, Santa Sede, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Ungheria, USA e Vietnam. Tra i padiglioni non ufficiali (Non official Pavilions): Banca Intesa, Coca-Cola, Caritas, Save The Children, Slow Food e Vanke.

Con quali criteri li raccontate?
Con particolari tecnologici, fotografie, con macro-oggetti. Cerchiamo di andare oltre i rendering che abbiamo visto tutti in rete in questi mesi. Abbiamo realizzato una scaffalatura di 40 metri di estensione all’interno delle quali sarà possibile mostrare le componenti delle singole architetture. Ci sarà ad esempio un modello in scala 1:1 del padiglione giapponese realizzato in legno senza colla né chiodi, ci sarà il mock up del pannello prefabbricato che caratterizza la pelle del Padiglione Italia e anche un elemento del padiglione degli Emirati Arabi.

Che materiale prevale nel grande cantiere Expo?
Acciaio e legno la fanno da padroni. Grazie alla caratteristica di grande reversibilità e alla velocità di impiego, l’acciaio è un materiale molto presente. Si dice che una volta completato l’Expo ci sarà nell’area acciaio equivalente a 2,5 torri Eiffel. Ovviamente c’è anche molto legno, usato come struttura o come pelle, scelto per comunicare il tema della sostenibilità e della natura. Nel padiglione Giapponese la pelle di legno si fa più spessa e diventa corteccia, nel padiglione del Cile, della Francia e della Spagna il telaio è in legno. E c’è anche molto bambù: nella copertura della Cina, nell’allestimento del padiglione Vanke, nello spazio di Save The Children e nei grandi alberi del padiglione del Vietnam che vogliono ricordare fiori di loto. Materiali di progetto sono anche l'acqua e il verde.

Calcestruzzo solo per il Padiglione Italia?
Il Bahrein ha scelto elementi prefabbricati in calcestruzzo che saranno poi smontati e rimontati e diventeranno le strutture di un orto botanico. E anche gli Emirati Arabi, per simulare il Grand Canyon, hanno scelto questo materiale.

Secondo lei, quali sono i temi che fanno di Expo Milano un evento di ‘sperimentazione’ particolarmente significativa?
Tutti le Esposizioni mondiali lo sono. Per Milano è interessante il masterplan grazie al quale si è deciso di dare a tutti i padiglioni un affaccio di 20 metri di profondità: una dimensione uguale per tutti, una regola mai data in passato. E sperimentazione c’è anche nei Cluster seguiti direttamente da 17 Università del mondo: spazi pensati per quei paesi che erano solitamente le Cenerentole e che in questo caso sono stati inseriti in un processo collaborativo e partecipativo e queste sono state anche le prime opere ad essere consegnate, già a gennaio.

Credit della mostra. Curatore: Luisa Collina; coordinamento scientifico: Laura Daglio; collaborazione al progetto scientifico: Paola Terenghi; coordinamento e produzione esecutiva: Ilaria Bollati. progetto di allestimento: MoDus Architects; progetto grafico: Magutdesign.

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Paola Pierotti
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