16-01-2017 3 minuti

Cento architetti romani al lavoro sul post sisma

L’Ordine degli Architetti di Roma rilancia il tema e organizza una task force con idee e soluzioni, progetti e programmi

Non era nato sotto una buona stella l’impegno degli architetti romani a sostegno della crisi sismica iniziata il 24 agosto 2016, ma i professionisti della capitale hanno deciso di intensificare i loro sforzi a sostegno di una rinnovata cultura della ricostruzione strutturando un gruppo di lavoro dedicato, coinvolgendo un centinaio di architetti romani e organizzando un primo seminario formativo per illustrare gli esiti alle istituzioni coinvolte.

A pochi giorni dal terremoto del Centro Italia, l’appello lanciato dall’Ordine degli architetti di Roma chiedeva di “inviare progetti e proposte per ridisegnare i paesi devastati da consegnare al Commissario straordinario per l'emergenza del terremoto”. Senza un brief chiaro sono arrivate le più disparate soluzioni e riflessioni. Ecco che il 5 settembre l’Ordine ha istituito un gruppo di lavoro coordinato da Simone Ombuen, Patrizia Colletta e Paola Ricciardi, impegnato su diversi temi puntuali: formazione, ricognizione della normativa, definizione di un manuale del recupero, quadri conoscitivi del patrimonio insediativo, Casa Italia e fascicolo del fabbricato, misure antisciacallaggio, deontologia e i concorsi di progettazione e ancora pianificazione e gestione ordinaria dei rischi e verifica dei titoli degli architetti.

Il 16 gennaio gli Architetti di Roma con il Consiglio Nazionale degli Architetti e la Rete delle Professioni hanno organizzato un incontro formativo per condividere i primi risultati. “Presentando i primi esiti di nove sottogruppi di lavoro impegnati sulla ricostruzione, si segna l’inizio di una nuova stagione dell’ordine degli architetti – ha dichiarato Alessandro Ridolfi, presidente dell'Ordine degli Architetti di Roma – esplicitiamo idee e riflessioni per linee guida e proposte per il recupero delle zone colpite dal sisma”. Una prima tappa di un percorso attivo che l’Ordine intende intraprendere per far fronte alle questioni del Paese: per il 27 gennaio il presidente Ridolfi ha anticipato un secondo appuntamento sul futuro di Roma a partire dalla specificità e dal ruolo degli architetti romani.

Gli Architetti romani entrano nel vivo dei temi legati al progetto e alla programmazione. Risvolti professionali? “Starà a noi – spiega Simone Ombuen, coordinatore del gruppo – riuscire a fare in modo che il nostro prodotto riesca a trovare udienza presso le istituzioni. È importante che gli architetti partecipino ai tavoli e diano un contributo attivo. È già importante – aggiunge l’architetto romano – il risultato ottenuto dal Cnappc che definisce un tetto massimo di 30 incarichi per chi svolge l’attività di progettazione nelle aree colpite dal sisma, oltre a fissare una soglia anche per l’ammontare dei lavori per ciascun professionista”.

Sono oltre 200mila secondo l’Ingv gli edifici che si trovano nel cratere sismico che si è creato con le scosse dei mesi scorsi sulla dorsale appenninica, molti di questi in condizioni tali da impedirne il recupero. Una situazione non affrontabile da una sola disciplina, ma che richiede un dialogo tra professionisti. Non solo, serve una pianificazione che non si limiti a considerare le singole strutture danneggiate ma le conseguenze sulla struttura insediativa del territorio. “Non è possibile limitare lo sguardo alla scala del singolo edificio, considerando che il danno urbano di un sisma non è misurabile sommando i danni alle singole costruzioni” ha spiegato Francesco Fazzio titolare dello studio A9 di Roma e uno degli architetti impegnati nel gruppo Sisma (gruppo di lavoro e ricerca per la prevenzione sismica urbana).

La ricostruzione non è solo fisica ma coinvolge anche il tessuto sociale ed economico di un paese. “Ascolto, partecipazione e concertazione, sono le tre fasi da seguire nella formulazione di un nuovo piano – ha proseguito Carlo Sadich, un altro architetto che ha partecipato al gruppo di lavoro dedicato alla memoria storica -. Conoscere il contesto e definire gli obiettivi in maniera concreta è un’attività propedeutica alla fase di attuazione”.

Tra le proposte concrete esplicitate dagli architetti romani c’è l’introduzione della Carta d’Identità del Manufatto Edilizio (Cime), uno strumento da inserire nel piano Casa Italia insieme agli incentivi fiscali e ai bonus per la sua realizzazione, da sostituire al fascicolo del fabbricato. “Un documento che una volta creato – spiegano i professionisti – dovrebbe contenere informazioni identificative e tipologiche, vulnerabilità ambientale, diagnostica strumentale, valutazione qualitativa, individuazione delle classi di rischio, indagini geologiche e geotecniche”.

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