15-12-2017 Paola Pierotti 4 minuti

Città storiche? Valorizzare l’identità senza omologare il commercio

Fotografia Ancsa-Cresme: indagine su 109 capoluoghi (0,06 % del territorio nazionale)

"Nei centri storici bisogna evitare il rischio spopolamento, nessun riferimento a ticket ma un incentivo ad usare la tecnologia e fare in modo che si allarghi la mappa dei viaggi da consigliare in Italia"

Dario Franceschini

Il futuro del Paese passa per le periferie o per i centri storici? Dopo anni di impegno con progetti, campagne e risorse destinate alle aree periferiche delle città, si riaccende un faro sulle città storiche e sui piccoli borghi, sulla “macchina economica” del Paese come la definiscono l’Ancsa, l’associazione nazionale centri storici-artistici, e il Cresme, che hanno illustrato in una sala della Presidenza del Consiglio dei Ministri la prima indagine conoscitiva su 109 capoluoghi di provincia italiane.

Numeri e grafici che restituiscono una fotografia dei 172 chilometri quadrati, lo 0,06% del territorio italiano, sui cui sussistono appunto poco più di un centinaio di centri storici oggetto dell’indagine. Si tratta di un primo capitolo di un Osservatorio Nazionale sulle città storiche, con l’approfondimento di alcune buone pratiche attivate per la gestione dei beni architettonici e iniziative di valorizzazione del patrimonio architettonico e archeologico.

“Da trent’anni non si fa ricerca sui centri storici, mancava un quadro aggregato che è di conseguenza un elemento di debolezza per la definizione di politiche pubbliche statali e condivise”. Francesco Bandarin, presidente dell'Associazione ha ribadito che “il centro storico deve tornare ad offrire una nuova prospettiva culturale ed urbanistica e non essere solo un luogo da conservare”. Le città devono vivere e sono benvenute le idee di sviluppo sostenibile innovative, come quella raccontata dal sindaco di Savona, Ilaria Caprioglio, prima città europea in corsa per la certificazione Leed for Cities.

Se è vero che ci sono tanti centri storici che si spopolano come Frosinone, Ragusa o Lecco, tanti altri si distinguono come “macchine occupazionali” dove vive il 15% degli occupati nel settore dei servizi. La ricerca Ancsa-Cresme parte dai dati Istat del 2011 e mette a fuoco alcune criticità analizzando i numeri legati alle famiglie, agli immigrati, agli edifici non utilizzati, fino al valore immobiliare delle città storiche. “Nella Città Vecchia di Taranto – porta alcuni esempi il direttore del Cresme Lorenzo Bellicini – il 28% degli edifici è inutilizzato, il centro storico è un gioiello abbandonato. Per quanto riguarda il valore delle case si va dai 6.500 euro/mq nel centro storico di Milano ad Alessandria con case in vendita a meno di mille euro/mq. In alcuni centri del Mezzogiorno bastano 200-300 euro/mq per prendersi casa”.

I centri storici sono il traino di una stagione di "reinvenzione urbana” e politiche come il sismabonus o l’ecobonus possono essere un motore. Il ministro Dario Franceschini ha ribadito in questo contesto che “da un lato nei centri storici bisogna evitare il rischio spopolamento, in altri casi il problema è opposto con l’effetto Disneyland. Come fare? Tra le priorità – ha ricordato il Ministro – bisogna regolamentare i flussi. Nessun riferimento a ticket ma un incentivo ad usare la tecnologia e fare in modo che si allarghi la mappa dei viaggi da consigliare in Italia”. Ecco allora l’impegno sui borghi, sui cammini e i percorsi. Sul tema dell’ospitalità nelle case di proprietà, con un diretto riferimento alla diffusione a macchia d’olio del modello Airbnb, “non bisogna bloccare il turismo esperienziale e la scelta di vivere l’italianità – ha aggiunto Franceschini –, anche qui bisogna distinguere chi mette in affitto la propria casa e chi ne fa un business, con procedure in concorrenza con le strutture alberghiere vere e proprie”.

Per valorizzare i centri storici e tutelare la specificità commerciale di alcune zone due città come Firenze e Bergamo hanno attivato una procedura innovativa messa a punto dal Mibact proprio per tutelare librerie, empori e botteghe storiche. “Per evitare un’omogeneizzazione del turismo – ha aggiunto Franceschini – è diventata operativa una norma che consente ai sindaci di individuare delle zone franche all’interno della quali non è possibile la liberalizzazione delle licenze”. “Nella nostra città – ha spiegato il sindaco di Bergamo Giorgio Gori – siamo riusciti ad avviare questa sperimentazione dalla scorsa settimana. Per scegliere le attività da mantenere abbiamo identificato dei parametri con dei codici condivisi”. 

Se è condiviso il fatto che nei centri storici è stata vinta la battaglia sulla tutela ed è stata persa quella delle automobili, rimane un punto interrogativo sugli innesti di qualità contemporanea. È lo stesso Ministro a sollevare la questione ricordando che “i vuoti urbani creati da demolizioni possono essere sanati con innesti di nuova concezione. Al Sud, con il ministro Claudio De Vincenti – ha anticipato Franceschini – stiamo lavorando in quattro centri storici per utilizzare i fondi di coesione ed intervenire sui centri storici, anche sui beni privati, con interventi coordinati di arredo urbano e valorizzazione degli spazi collettivi”. Tra queste città c’è Cosenza dove il sindaco Mario Occhiuto accende un faro proprio sulla responsabilità pubblica, di enti locali e delle soprintendenze, anche per la conservazione del patrimonio privato, di chi non si prendere cura del patrimonio urbano. 

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Paola Pierotti
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