06-07-2017 3 minuti

Enea: L’innovazione può favorire una ricostruzione smart e sostenibile del Centro Italia

Dieci mesi dopo il sisma, giornata di studio con Mibact, Ingv, Ispra, Cnr e Protezione Civile

"L’innovazione tecnologica può supportare la ricostruzione garantendo la realizzazione di strutture adeguate dal punto di vista sismico, durature nel tempo"

Paolo Clemente

L’emergenza è finita, ma resta aperta la scommessa sul lavoro di ricostruzione che deve tener conto della complessità della situazione nel Centro Italia dovuta anche all’ampiezza e alla diversità dei territori coinvolti. Per fare il punto della situazione e avanzare proposte per una rinascita smart e sostenibile del Centro Italia a dieci mesi dal sisma, l’Enea ha promosso una giornata di studio dal titolo “Il terremoto nel centro Italia: il contributo della ricerca nell’emergenza e nella ricostruzione”, coinvolgendo tra gli altri il Mibact, l’Ingv, Ispra, il Cnr e la Protezione Civile. 
 
“Siamo consapevoli che la ricostruzione sarà lunga e articolata – ha ammesso il dirigente Enea del laboratorio Ingegneria sismica e prevenzione di rischi naturali, Paolo Clemente – ma l’innovazione tecnologica può essere un valido supporto anche con ricadute economiche, garantendo la realizzazione di strutture adeguate dal punto di vista sismico, durature nel tempo”. In quest’ottica, l’Enea ha brevettato e sperimentato un dispositivo per l’isolamento sismico da inserire a livello delle fondazioni per accrescere la sicurezza degli edifici nelle aree maggiormente vulnerabili.
 
“Secondo l’Istat, in Italia ci sono 14,5 milioni di edifici e di questi più di un terzo si trova in aree a rischio – ha spiegato il presidente dell’INGV, Carlo Doglioni – con il numero che potrebbe crescere negli anni considerando il movimento della faglia appenninica. Servono investimenti nella formazione dei pubblici amministratori rilevando che meno della metà dei Comuni dispone di una adeguata carta geologica e approfondimenti sui modelli geodetici che in futuro potrebbero aiutare a georeferenziare gli epicentri dei terremoti”.
 
In prima linea, per la gestione dell’emergenza e della fase immediatamente successiva, c’è la Protezione Civile. “Dopo le prime 48 ore più critiche – ha commentato il direttore generale e consulente scientifico della Protezione Civile, Mauro Dolce – abbiamo costituito il Dicomac, ossia il centro di coordinamento, per la pianificazione degli interventi sia su case, scuole, beni culturali, e per l’organizzazione del lavoro delle centinaia di volontari e forze dell’ordine. Per la valutazione del danno disponiamo di 6mila tecnici impiegati in più di 150mila sopralluoghi”.
 
Tra questi i più delicati sono quelli relativi alla conservazione e messa in sicurezza dei beni culturali. “Abbiamo salvato quasi 17mila opere – ha annunciato il segretario generale del Mibact, Antonia Pasqua Recchia – e abbiamo messo in sicurezza circa 700 edifici, ma contiamo di ricreare quanto prima le condizioni per uno sviluppo economico e culturale che favorisca il ritorno delle comunità nei territori e lo sviluppo di un nuovo modello turistico sostenibile che non cancelli l’identità dei luoghi”.

“Dopo il terremoto del Friuli – ha raccontato il presidente del Comitato di indirizzo del CentroMS, Gabriele Scarascia Mugnozza – la micro-zonazione sismica è diventata lo strumento ideale per le indagini geotecniche e, se oggi quella di primo livello è realizzata uniformemente da quasi tutti i Comuni, sono invece poche decine quelli che hanno mappato il territorio con interventi di micro-zonazione di terzo livello. Per il Centro Italia l’obiettivo del Commissario Vasco Errani è quello di avere un quadro conoscitivo completo di tutti i 140 Comuni del cratere, entro la fine dell’anno”.

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