09-06-2014 Paola Pierotti 2 minuti

FAT: “Il Regno Unito mette in scena un padiglione europeo”

Intervista a Sam Jacob (FAT). Dalle Pietre di Venezia di Ruskin al Grand Tour, tutti i riferimenti made in Italy

"Ormai tutti noi progettisti ci stiamo specializzando nella definizione degli elementi (penso ai tecnicismi delle facciate, alla ventilazione o alla progettazione di dettagli come le scale) ed è sempre più difficile avere una visione globale dell’edificio"

Sam Jacob, FAT

A Clockwork Jerusalem è un padiglione europeo realizzato da un curatore britannico, FAT guidato da Sam Jacob, e da uno studio olandese, Crimson. È una mostra-racconto progettata per generare emozioni. Una ricostruzione della storia più recente cha ha numerosi rimandi a Bel Paese.

Sam, quali sono i rimandi che evidenziate tra il modernismo britannico e l’Italia?
La città di Venezia ha avuto una profonda influenza nella storia dell’architettura inglese, basti ricordare il lavoro di John Ruskin con ‘Le pietre di Venezia’. Ma anche l’Italia intera è stata un riferimento. In mostra nel padiglione britannico c'è un dipinto di Joseph Gandy commissionato da sir John Soane, che simboleggia le tante case dei nobili piene di frammenti e stile italiano. Tornando indietro nel tempo i riferimenti sono Inigo Jones e Christopher Wren, i grandi architetti che a partire dall'Italia hanno dato avvio al barocco inglese. E poi ancora bisogna ricordare il Grand Tour, una sorta di shopping experience dove l’aristocrazia collezionava veri e propri pezzi di edifici, dipinti, degli autentici ‘fundamentals’ che arrivavano direttamente nelle case inglesi.

Il modernismo britannico trova le sue radici anche in Italia, qual è invece il rapporto tra Italia e Regno Unito oggi per quanto riguarda l'architettura?
Il modernismo britannico ha attinto all’idea dell’Italia e di cos’era il Bel Paese perché amava l'Italia (anche se era un processo a senso unico). Oggi è tutto cambiato perché l'Italia non è più fonte di ispirazione per l’architettura inglese. La globalizzazione sembra aver azzerato le differenze: le stesse cose si trovano in luoghi diversi.

Cosa ne pensi della grande Mostra di Koolhaas dedicata ai Fundamentals con un focus sugli elementi dell’architettura?
Lo show dei fundamentals è molto ambizioso: frammentare l’architettura estrapolando le componenti significa fare una critica al modo in cui si costruisce. Ormai tutti noi progettisti ci stiamo specializzando nella definizione degli elementi (penso ai tecnicismi delle facciate, alla ventilazione o alla progettazione di dettagli come le scale) ed è sempre più difficile avere una visione globale dell’edificio. È anche vero che, proprio passando dall’analisi delle singole parti si riesce a cogliere tutto il mondo dell’architettura: le parti si ricongiungono e si può avere una lettura unica e integrata.

Perché FAT ha coinvolto uno studio come Crimson per la definizione del progetto del padiglione britannico?
Crimson ha portato al nostro gruppo un valore aggiunto: se Koolhaas si è concentrato sugli elementi dell’architettura noi abbiamo cercato di dedicare attenzione anche alle emozioni. Ci interessava realizzare un padiglione che fosse più europeo che britannico e il punto di vista di questo studio olandese ha apportato benefici al progetto A Clockwork Jerusalem.

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Paola Pierotti
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