16-09-2016 2 minuti

Il post sisma in Emilia e la centralità del progetto. Il punto di vista degli studi locali

Davide Marazzi, progettista della nuova chiesa di Medolla: “Incentivare le imprese e valutare quando demolire”

"In Emilia si è privilegiato l’intervento del professionista locale, trascurando una ricerca della qualità del progetto. L’urgenza non ha lasciato margini per sperimentazioni"

Davide Marazzi

"Conservare il patrimonio edilizio storico, ma con un filtro critico". L’architetto Davide Marazzi,  che ha progettato nel 2013 la prima chiesa emiliana post-sisma a Medolla (Modena) commenta la sua esperienza suggerendo per la nuova emergenza del Centro Italia un approccio deciso e mirato per la riqualificazione. “Spesso la soluzione radicale di demolire e ricostruire conduce a risultati efficaci, sia in termini di sicurezza sismica che di risparmio energetico”. Marazzi non pensa una demolizione indiscriminata dell’esistente, ma suggerisce "una critica selezione di ciò che può essere recuperato e di ciò che invece deve essere demolito". 
Marazzi a Medolla ha costruito una chiesa con una tecnologia industrializzata, in legno, "un progetto – spiega – concepito per coniugare rapidità esecutiva, sicurezza sismica, eco-sostenibilità e contenimento dei costi di gestione. La produzione energetica all’interno dell’edificio, certificato in classe A, è fornita da due pompe di calore ad aria, il cui assorbimento elettrico è interamente coperto da un impianto fotovoltaico posto in copertura. Il sistema di climatizzazione – continua – è stato realizzato con pannelli radianti a pavimento e deumidificatori”.

Sulla base dell’esperienza emiliana, ha qualche consiglio per affrontare il post sisma di Amatrice?
Ritengo sia utile coinvolgere le imprese incentivandole a partecipare alla ricostruzione anche usufruendo degli sgravi fiscali e dei bonus volumetrici trasferibili in altre aree. L’urgenza della ricostruzione sismica deve essere l’occasione per lanciare un programma di riqualificazione diffusa del territorio. Incentivi non solo per le aziende ma anche per i privati. In che modo? Con mutui a tassi agevolati e contributi a fondo perduto per la copertura dei costi di trasferimento temporaneo.

Dopo il sisma dell’Emilia, in che modo sono stati coinvolti gli studi di progettazione nella ricostruzione?
Nel nostro territorio hanno avuto la precedenza le dinamiche dell’emergenza, privilegiando l’intervento del professionista locale e trascurando una ricerca della qualità del progetto. L’urgenza non ha lasciato margini per sperimentazioni. In Emilia la risposta è stata  pragmatica e tecnica, senza una visione strategica rispetto alle tematiche del territorio, dello sviluppo della città e dell’architettura. Si è operato in fretta con ricadute sociali positive.

Per la sua esperienza, come si difende la centralità del progetto in un contesto di emergenza? 
Il problema è di ordine generale non solo legato alle contingenze. L’idea che il progetto debba essere “difeso” non è una questione prioritaria solo nei contesti di emergenza. In Italia manca la cultura della centralità del progetto, soprattutto nelle zone di provincia, dove si è operato spesso in modo improvvisato.
È necessario operare per sensibilizzare la comunità rispetto al proprio ruolo per creare consapevolezza rispetto a queste tematiche. Gli Ordini hanno un compito importante, dovrebbero aprirsi alla cittadinanza con iniziative orientate a formare la comunità, i privati e le aziende.

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