20-07-2015 Paola Pierotti 5 minuti

Nuovo Codice degli Appalti. In pillole il ddl Delega spiegato agli architetti

La Fondazione dell’Ordine di Firenze ha promosso un incontro per illustrare il lavoro fatto e impegnarsi a monitorare i passaggi futuri

I progettisti del Padiglione Italia non sono stati pagati e sono passati alle vie legali contro Expo. Ma di chi è la responsabilità? Il costo di questa struttura sappiamo che è aumentato di 30 milioni rispetto alle cifre iniziali, che ruolo hanno i progettisti, la direzione lavori, le imprese, la committenza? Quanto hanno inciso le procedure d’urgenza derogatorie applicate da Expo?

Stefano Esposito

Gli architetti e i progettisti del Padiglione Italia, Nemesi, Proger e Bms non sono stati pagati per i lavori compiuti a partire da gennaio 2014 e sono passati alle vie legali contro Expo spa. “Ma di chi è la responsabilità? Il costo di questa struttura sappiamo che è aumentato di 30 milioni rispetto alle cifre iniziali, che ruolo hanno i progettisti, la direzione lavori, le imprese, la committenza? Quanto hanno inciso le procedure d’urgenza derogatorie applicate da Expo?”. Sono questi gli interrogativi di Stefano Esposito, relatore del ddl Delega presso la commissione Lavori Pubblici del Senato, indicando con una storia puntale l’urgenza di un nuovo Codice degli Appalti.

A Firenze, venerdì 17 luglio, la Fondazione dell’Ordine degli Architetti provinciale guidata da Guido Murdolo ha invitato il senatore Esposito e l’avvocato Gaetano Viceconte per approfondire il testo della Legge Delega che contiene le linee guida approvate dal Senato lo scorso 18 giugno, approdato ora alla Camera. Sono in molti ad apprezzare gli importanti passi avanti fatti con questo testo (si legga anche L’Architetto di luglio/agosto con l’apertura dedicato a questa questione) ma non mancano osservazioni e richieste di modifica trattandosi di un importante iniziativa che dovrà portare alla riforma complessiva dell’intera normativa sui lavori pubblici. Mario Perini, consigliere dell'Ordine, in occasione dell'incontro ha messo a fuoco alcuni temi,  tra gli altri quello del sistema-concorsi. “Siamo a Firenze, nell’area della stazione di Santa Maria Novella e mi piace ricordare – ha ricordato Roberto Masini, vice presidente dell’Ordine degli Architetti Firenze – che questo progetto è nato da un concorso vinto da ragazzi poco più che trentenni ed oggi è un monumento nazionale”. Il riferimento rimanda al tema ‘concorsi’ centrale sempre per gli architetti che chiedono con determinazione che nel nuovo Codice si faccia di tutto per prevederli come strumento obbligatorio, "affermando il principio che per tutte le fasi della progettazione deve essere scelto un unico progettista" come ribadisce il presidente Leopoldo Freyrie.

Il nuovo Codice in cinque punti. Esposito presenta il testo della Legge Delega in cinque macro-punti. “Primo: le procedure d’urgenza e derogatorie oggi sono un modo opaco per realizzare le opere pubbliche. Le emergenze sono le vere calamità naturali e le questioni inimmaginabili come i terremoti, in ogni caso anche queste procedure devono sempre essere verificate a valle”. Esposito indica questa questione come prioritaria perché è nell’emergenza che si sono insinuate per anni situazioni poco chiare, finite poi nelle mani della magistratura. Ancora, “non riscriviamo il Codice ma lo cancelliamo e lo riproponiamo come nuovo. Negli anni – racconta il senatore – il codice che è nato nel 2006 è diventato una materia inestricabile complicando la vita degli operatori e rendendo la Pa sempre più impotente”.

Il nuovo Codice eliminerà la logica del massimo ribasso sia per le professioni intellettuali che per tutti gli appalti di servizio ad alta intensità di manodopera. “E’ vero che ai professionisti si chiede di abbassare i prezzi con uno sconto fino al 75% ma ricordiamoci – dice Esposito – che oggi alla manodopera sono imposti contratti con paghe orarie da 2,5 euro all’ora, non da pericolosi imprenditori ma dallo Stato e dagli enti locali”. Tema centrale comunque in un Paese come il nostro dove con ribassi del 60-70% è inevitabile poi incorrere in varianti e lievitazione di costi.

Quarto tema: la qualificazione degli operatori e delle stazioni appaltanti. “Nel 2011 il governo Monti – racconta Esposito – aveva fatto una norma che prevedeva 36 stazioni appaltanti, vigente e mai applicata. Ora contiamo di arrivare a 230 stazioni appaltanti che per me sono ancora troppe. Ma sarebbe già un passo avanti rispetto ad oggi dove solo nel Comune di Roma ci sono 50 stazioni appaltanti”. Ultimo nodo, importante per l’Anac, è quello dei contratti-tipo, dei bandi-tipo e dell’albo dei commissari.

Oggi ci sono quasi un migliaio di norme che disciplinano tutti gli aspetti dei lavori pubblici, includendo quelle statali e regionali. Norme alle quali bisogna attenersi senza peraltro riuscire a garantire qualità dell’esecuzione, tempi certi e costi accettabili. Senza tralasciare la corruzione che sempre più emerge in questi ambiti: basta citare soltanto il Mose o Expo come esempi noti anche ai non addetti ai lavori. “Dal 1993 ad oggi abbiamo visto continuamente gli stretti legami tra corruzione e opere pubbliche – ha dichiarato il senatore del Pd – e con il nuovo Codice vogliamo provare ad intervenire sui limiti e sulle troppe ambiguità che l’attuale normativa offre ai mascalzoni".

Il nuovo Codice punta ad essere più snello e comprensibile, vuole favorire la trasparenza e valorizzare le migliori risorse. Il dibattito è aperto. Ci si confronta sul tema delle varianti e su come garantire la centralità del progetto. Filippo Terzaghi , direttore dell’Area tecnica dell’azienda ospedaliera universitaria di Careggi, è intervenuto nel dibattito a Firenze raccontando il punto di vita di una piccola stazione appaltante che ha gestito 450milioni di euro di appalti, con un ufficio gare interno. “Per noi le emergenze straordinarie sono state due: una tromba d’aria e l’arrivo dei profughi”. Per Terzaghi, che è architetto, è centrale il rapporto tra Pa e imprese esecutrici e per condividere con l’appaltatore le responsabilità del progetto, senza svilire il ruolo del progettista, ipotizza di “affidare al progettista l’incarico fino alla definizione dei particolari prestazionali, lasciando all’appaltatore lo sviluppo del progetto costruttivo dell’opera”.

Come vale per tutti gli altri paesi europei anche l’Italia deve recepire le direttive europee entro il 2016. “L’Unione europea spinge ad esempio sull’in house e sulla trattativa privata, ma noi non ce lo possiamo permettere” commenta Esposito. L’Italia sta cercando la propria strada e ha scelto la Legge Delega per definire criteri che siano vincolanti per chi redigerà il testo normativo. “Questo nuovo codice arriva in un momento delicato per la crisi economica e per il fallimento di molti istituti giuridici – commenta l’avvocato Gaetano Viceconte – Da un sondaggio recente dell’Eurobarometro si rileva che il 90% dei cittadini europei intervistati ritiene che per lavorare in Italia servano amicizie e il 64% sostiene siano necessarie le raccomandazioni”. Dati preoccupanti che vanno affiancati alla constatazione che in Europa i lavori pubblici muovono il 16% del Pil mentre in Italia siamo fermi al 7%. “Nella prima bozza di ddl c'erano 14 criteri, oggi sono già diventati 53 – esplicita Viceconte – la strada imboccata è comunque quella corretta, si apre una stagione che andrà gestita con cautela per evitare sfoci in una serie di contenziosi per i prossimi anni”.

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Paola Pierotti
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