17-01-2017 4 minuti

Terremoto Centro Italia: Urgente definire una strategia comune, risultati Casa Italia nei prossimi anni

Istituzioni e associazioni dialogano con l’Ordine degli Architetti di Roma sulla ricostruzione postsisma

“Con il sisma del 24 agosto abbiamo dovuto affrontare il tema della ricostruzione per la terza volta in 40 anni. Come mai è sempre necessario agire con delle deroghe in queste situazioni? Perché ancora non esiste un testo unico?”. A parlare è Nicola Alemanno, sindaco di Norcia, comune umbro raso quasi completamente al suolo dal terremoto del 30 ottobre. Si sente forte al convegno organizzato il 16 gennaio dall’Ordine degli Architetti di Roma “Ricostruire città e territori nel terremoto” la necessità della rapida definizione di una strategia nazionale per prevenire e gestire i danni causati dagli eventi sismici, che solo fino al 2009, come ha ricordato Sergio Rizzo, hanno fatto spendere all’Italia 150 miliardi di euro. Casa Italia, come spiega Daniela De Leo tra i 16 esperti scelti dal governo per coordinare il programma nazionale, nasce per questo. “Il piano agisce sulla prevenzione e non sull’emergenza, e permetterà quindi di vedere i primi risultati solo nei prossimi anni e non nell’immediato”.

Ricostruire dov’era, com’era. È questo lo slogan, elogiato e criticato, filo rosso degli interventi degli esponenti di alcune associazioni e istituzioni chiamate dagli Architetti di Roma per un confronto sul tema. “Ricostruire i paesaggi abitati significa salvare una comunità – ha dichiarato Fabrizio Toppetti dell’Associazione Nazionale Centri Storico Artistici -, non sono necessari solo conoscenze professionali in questo momento. L’emergenza porta alla celebrazione degli aspetti tecnicisti dei piani di ricostruzione, ma ora si tratta di lavorare anche su un progetto culturale che ragioni sull’identità plurale dei nostri territori”. 

Non ripetere gli errori del passato, quando le risorse a disposizione non sono state utilizzatePiero Properzi, architetto e urbanista responsabile del settore ricerche dell’Inu, cita il caso dell’Aquila, dove è mancato un piano di gestione per i 19 miliardi messi a disposizione per gli interventi di ricostruzione. “Non solo vi è stata un’assenza di governance dei fondi – spiega Properzi – ma anche poca volontà di ascoltare le proposte che venivano formulate nei gruppi di lavoro, come il Lauraq (Laboratorio Urbanistico dell’Aquila), istituiti appositamente dalle associazioni per formulare delle linee d’azione”. Situazione questa, alimentata anche dai contrasti fra le diverse strutture che si sarebbero dovute occupare della ricostruzione. “Mancano alle piccole amministrazioni italiane gli strumenti adeguati per fronteggiare quest’emergenza – ribadisce l’architetto – è necessario quindi adesso lavorare alla definizione di una strategia comune, ridimensionando il ruolo della protezione civile a un’area d’azione sovraregionale e non nazionale”. 

Ricostruire significa abbattere ma anche recuperare e restaurare, come ricorda Francesco Giovanetti, presidente dell’Associazione per il Recupero del Costruito (Arco). “Stravolgere il significato di Palazzo Farnese con un intervento di recupero non è facile – ha commentato Giovanetti – mentre è molto semplice distruggere l’architettura e il senso del contesto urbano di un piccolo centro periferico”. Una scelta, quella del recupero, che non va solo nella direzione del mantenimento identitario di un luogo, ma rientra anche in una gestione consapevole delle macerie e dei rifiuti edili, che in questo caso possono essere virtuosamente riutilizzati per tornare a far parte della loro struttura originaria. 

La conservazione degli edifici deve partire da una conservazione del tessuto sociale. Per Marco Parini di Italia Nostra spostare la popolazione dei piccoli centri in altri luoghi con la creazione di new town, per esempio, è un grave danno per le comunità, che rischia di svuotare i centri storici, già gravemente colpiti da una forte diminuzione degli abitanti. 

Su questa linea anche Legambiente che ha creato dei gruppi dedicati nelle Marche che, in collaborazione con il Mibact e l’Arma dei Carabinieri, lavorano per il recupero dei beni culturali e delle macerie. “In parallelo al recupero dei materiali – spiega Giorgio Zampetti -, sono state attuate altre campagne come ad esempio “La rinascita ha il cuore giovane” che mirano a raccogliere fondi da donare ai giovani imprenditori delle zone terremotate, affinché possano scegliere di rimanere nelle loro terre e investire nuovamente nelle loro imprese”. Come ha ricordato in chiusura Alfiero Moretti, della struttura del Commissariato alla Ricostruzione, in questi casi il tempo non è una variabile trascurabile. “Considerando che l’età media della popolazione è superiore a 63 anni, se non ci si muove in fretta si rischia di ricostruire dei centri in cui nei prossimi anni non abiterà nessuno. Rallentare il processo è una ferita mortale per il territorio”. 

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