22-12-2017 Paola Pierotti 5 minuti

Verso la prossima legislatura, la questione urbana sotto la lente della Commissione Periferie

Presentato alla Camera il report della Commissione d’inchiesta guidata da Andrea Causin

“Il Paese non riparte se non si va a sanare la questione del degrado sociale. È nelle periferie – ha dichiarato Laura Boldrini, presidente della Camera dei Deputati – che crescono le disuguaglianze e la povertà, ma proprio in queste zone marginali non mancano storie di chi si mette insieme, di chi dal basso decide di reagire senza aspettare le istituzioni, per risolvere i problemi”. 
 
Dalle periferie il tema si apre alla più generale “questione urbana” e il lavoro della Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città potrà essere prezioso per la prossima legislatura che dovrà approfondire problematiche legati alla sicurezza urbana e alla sostenibilità. “Il tema di fondo non è tecnico ma sociale e diventa urgente la riforma urbanistica che oggi si confronta con una legge vecchia di 75 anni fa. Servono investimenti per la rigenerazione urbana, la digitalizzazione, incentivi e politiche per l’uso di nuovi materiali da costruzione, un’offerta di servizi al passo con la domanda, garanzie sul diritto all’abitare, un definitivo sanamento delle periferie abusive”. È lungo l’elenco che Roberto Morassut, vicepresidente della Commissione, fa, provando a stilare indirizzi e proposte come “la mobilitazione di risorse pubbliche come acceleratori di investimenti privati; una legge organica sull’edilizia pubblica; un programma strategico con un orizzonte di almeno 10-12 anni; strumenti di coordinamento nazionale; una politica di investimenti stabile e programmata secondo la logica continuativa; investimenti su progetti significativi e non solo di semplice di ricucitura”.
 
La città pubblica torna sotto i riflettori della Camera dei Deputati che ricorda alcune iniziative come le politiche di sicurezza, gli incentivi legati all’ecobonus e al sismabonus, l’impegno a sostegno della semplificazione normativa, i Bandi Periferie che via via stanno portando ad impegni concreti. 
 
A valle del lavoro di indagine, la Commissione indica la necessità di definire un “Piano strategico per le città, rilevante non solo come impegno finanziario ma soprattutto come specifica espressione di un impegno politico di Stato, regioni e autonomie locali”. Nel report della Commissione si legge tra l’altro come “la digitalizzazione, la mobilità sostenibile, la cultura, la formazione, le infrastrutture, le politiche per il sociale e l’abitare debbano essere tra loro correlate, nell’ambito di un'Agenda urbana nazionale, capace di coordinare le politiche, dotata di poteri, struttura amministrativa e risorse”.
 
“La politica deve innanzitutto chiedere scusa. Abbiamo responsabilità enormi – ha dichiarato Andrea Causin, presidente della Commissione Degrado e Periferie – per scelte sbagliate e altre non fatte che hanno creato un nesso di causa-effetto tra le situazioni con cui le persone percepiscono la propria prospettiva di vita. Serve un piano di investimenti che rimetta le periferie al centro della politica italiana, bisogna spendere di più e meglio e dare forza alle persone impegnate nel mondo dell’associazionismo che risolvono spesso i problemi prima che le istituzioni si accorgano della loro esistenza”.
 
In un documentario realizzato dalla Rai per affiancare il lavoro sul campo svolto dalla Commissione, dal titolo “Il mondo di lato”, si mostrano immagini di città come Genova, Roma, Napoli o Palermo che raccontano con storie di uomini nelle periferie d’Italia. Oggi nel nostro Paese si contano tra i 120mila e i 180mila Rom, metà con meno di 18 anni, 28mila dei quali vivono in baracche. Quest’anno sono stati distribuiti 10,5 milioni di pasti distribuiti dalle mense ecclesiali, secondo i dati elaborati dal Centro Studi della Caritas (2 milioni in più rispetto all’anno precedente). E tra i senza tetto “c’è un esercito di invisibili, 500mila persone, condannate a vivere nell’illegalità”. Disordine e degrado urbano nelle periferie e nei centri storici delle città metropolitane, sono contrapposti alla vitalità esplosiva dell’associazionismo dove le “scintille potrebbero spegnersi o determinare il risorgimento”. 
 
Nel documentario scorrono le immagini delle case popolari del quartiere Diamante nel capoluogo ligure, “dove vivono 4.500 inquilini mortificati anche dalla pratica perseverante dai raid incendiario. È diventato un ghetto, le amministrazioni sono assenti – riferiscono le testimonianze degli abitanti nel documentario Rai – e quando rispondono dicono che non hanno soldi”. Il disagio a Genova non è prerogativa solo delle periferie, è significativo anche nel centro storico. L’obiettivo si sposta su Milano, città attrattiva e d’eccellenza nel contesto nazionale e competitiva a scala internazionale, non esclusa da questioni legate alla vulnerabilità sociale, via via che ci si sposta dal centro alla periferia. Il quartiere San Siro ad esempio è uno di quelli più sotto osservazione “con 6.000 alloggi popolari, occupazioni continue, droga e delinquenza”. Non mancano storie di successo come l’officina di biciclette, con un polo agricolo di eccellenza, che si sta insediando in una cascina per molto tempo abbandonata e occupata da campi nomadi. E a Tor Bella Monaca, a Roma, tra palazzi popolari di 15 piani c’è un teatro, “un esempio nobile di riqualificazione – si racconta – dove lavorano silenziose le suore di Madre Teresa proprio affacciate sull’infrequentabile via dell’Archeologia”.
 
Non bastano però piccole bomboniere isolate, nè esperienze di successo come quella di Retake, un movimento di cittadini, no-profit e apartitico, impegnato nella lotta contro il degrado, nella valorizzazione dei beni pubblici e nella diffusione del senso civico sul territorio. Un movimento di volontari, nato a Roma sull’idea di un’intuizione americana, già presente in altre 25 città italiane, “capace di includere gli stranieri dei centri di accoglienza, intorno ad obiettivi di recupero degli spazi pubblici, ma non ancora – si dice nel documentario Rai – di spazzare paura e diffidenza incubate in anni di abbandono e malcuranza”.

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Paola Pierotti
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