Architettura, il laboratorio africano investe il mondo

18-05-2023 Chiara Brivio 3 minuti

Per la Lokko, una Biennale per uscire dai ranghi della scienza della costruzione per dare risposte precise ai bisogni delle persone

Parte dell’ambizione che caratterizza l’Afi (African futures institute) è proprio questa, cioè che oggi non è più sufficiente essere dei convitati al tavolo, noi vogliamo dettare l’agenda, forse non sempre, ma qualche volta sì». Diceva così Lesley Lokko, la curatrice della 18. Mostra internazionale di architettura di Venezia, a un’intervista a thebrief lo scorso anno.

E con questa mostra, presentata oggi nella città lagunare, l’Africa è stata veramente invitata al tavolo. Un’espressione che ha usato lo stesso Roberto Cicutto, presidente della Biennale, descrivendo il processo della scelta dell’accademica, architetta e scrittrice di discendenza scozzese e ghanese, come curatrice e di come il titolo da lei scelto per l’edizione 2023 – Laboratorio del futuro – «sia in grandissima coerenza con quello che cerchiamo di fare con la Biennale. Lei porta un fatto molto concreto, porta un laboratorio più piccolo per estenderlo al resto del mondo». Con l’Africa al centro. Ecco che quindi, nella visione di Lokko, questa Biennale diventa un luogo di studio, scambio intergenerazionale, trasmissione di valori, dove l’architettura «esce dai ranghi della scienza della costruzione per dare risposte precise ai bisogni delle persone» ha aggiunto ancora Cicutto.

«La nostra ambizione è fare le cose in modo diverso, con delle novità rispetto alla tradizione» ha specificato la curatrice. Due quindi le innovazioni rispetto alle precedenti edizioni: da una parte di mantenere la struttura lasciata in eredità dalla curatrice della Biennale arte dello scorso anno, Cecilia Alemani, senza costruirne una nuova. E «allo stesso modo abbiamo chiesto ai partecipanti di non toccare in modo invasivo le Corderie e il Padiglione centrale. Anche se non completamente carbon free, l’utilizzo di video, proiezioni e film e schizzi, al posto di modelli e plastici laddove possibile, segna un cambio di passo». Ma per Lokko lo scopo ultimo è quello di stimolare un cambiamento culturale nelle stesse mostre di architettura, sia da parte dei partecipanti che del pubblico. «Tutti si aspettano che questa Biennale cambierà tutto, anche solo perché ci sono più partecipanti di colore o africani rispetto alle precedenti. Ma questo ragionamento non coglie il punto. Per fare la differenza bisogna fare di più, non può semplicemente essere “una differenza”». Per questo motivo ai practioners è stato chiesto di lasciarsi alle spalle preconcetti e aspettative, di lavorare sui temi della mostra – decarbonizzazione e decolonizzazione – e di riflettere sulla scelta della rappresentazione, perché «gli architetti invitati alle esibizioni lavorano per rappresentare qualcosa che esiste là fuori, nel mondo reale. Per questo la richiesta è stata di concentrarsi sul concetto di rappresentazione, non solo come tradizioni, ma anche di come desiderassero che il pubblico si sentisse».

«Un giornalista in questi giorni ha detto che questa Biennale non è del tutto sull’architettura – ha poi continuato – ma per me è vero il contrario. È la nostra conoscenza convenzionale dell’architettura a essere miope. Come ho detto innumerevoli volte prima dell’inizio di questa mostra, l’intenzione non è di sostituire, ma di aumentare, di espandere e non di contrarre, di aggiungere e non di sottrarre». Come il “dono” che la decolonizzazione può essere per l’architettura, come spesso ha sottolineato. Interessante anche il numero di partecipanti africani tra i quali la curatrice ha potuto e dovuto scegliere, che già di per sé fa comprender quanto il mondo sia cambiato negli ultimi anni.

Riguardo a come i padiglioni nazionali hanno declinati i due filoni principali della mostra, Lokko si è detta molto soddisfatta dello scambio che c’è stato tra il suo team e quelli nazionali, che «hanno risposto in maniera interessante. Cosa pensino a proposito dei temi dell’ambiente, dell’acqua, dei nuovi territori e nuove geografie emerge bene da questa biennale». Una Biennale quindi che si presenta come una risposta a problemi complessi, e il cui auspicio è «la nascita di un nuovo modo di vedere l’architettura».

Sia Lokko che Cicutto non hanno invece voluto insistere sul problema dei visti non concessi a tre dei collaboratori di Accra della curatrice, che hanno fatto parte del team che ha contribuito alla realizzazione della Biennale. Cicutto l’ha definito uno «spiacevole episodio» e Lokko, nonostante fosse «senza parole» per l’accaduto, ha specificato che non vuole che la sua mostra sia definita in base a questa notizia che oggi campeggia sui titoli dei giornali, ma che per lei e per «i tanti che sono rappresentati qui, è una storia vecchia e familiare». Citando la scrittrice americana premio Nobel per la letteratura Toni Morrison, ha detto che i momenti di crisi sono «il momento in cui gli artisti iniziano a lavorare, quando le cose vanno male».

La Biennale di architettura di Venezia aprirà al pubblico sabato 20 maggio e si concluderà il 26 novembre 2023.

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Chiara Brivio
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