18-07-2023 Francesca Fradelloni 4 minuti

Pnrr, Green Deal e Ponte sullo Stretto: “Servono più ingegneria e più architettura”

Le sfide future nelle mani delle professioni tecniche. All’assemblea Oice si riflette su strategie e opportunità

Il guado del Next Generation Eu fa costruire ponti e partnership, alleanze tra pubblico e privato con la expertise italiana che fa da cornice a questa grande opportunità post pandemica. Pnrr, Green Deal, il Ponte sullo Stretto, per l’Associazione delle organizzazioni di ingegneria di architettura e di consulenza tecnico economica (Oice), le sfide del domani sono nelle mani delle professioni tecniche.
Ma resta evidente l’atavico problema della lungaggine nella realizzazione delle opere pubbliche nel nostro Paese.

«I tempi sono infiniti», spiega Giorgio Lupoi, presidente dell’Oice. «Il report di Banca d’Italia lo portiamo avanti dal 2013. Nero su bianco ci racconta che per un’opera di 300mila euro ci vuole una media di 4 anni e per un’opera di 5 milioni si arriva agli 11 anni. Le principali problematiche sono: i tempi di autorizzazione, una limitata capacità di gestione della complessità, del controllo e della guida del processo. Questo perché mettiamo scarsa attenzione alla qualità del progetto e all’impegno nella fase di programmazione della progettualità. Inoltre, c’è la mancanza di commitment. – continua – I Rup vengono spesso contestati, questo porta ad avere tempi infiniti e opere incompiute. Il tutto aggravato dai numeri della Pubblica amministrazione, che subisce tagli continui nei suoi organici, e la complessità normativa che acuisce le fragilità del sistema. Per noi rimane comunque la conditio sine qua non: più ingegneria e più architettura». Per Angelica Krystle Donati, presidente Ance giovani, «elemento fondamentale è una buona progettazione a monte per evitare di dover ri-lavorare in corso d’opera, fare tante varianti. Non si può però sopperire al problema burocratico con i tagli su cose importanti: ridurre le gare a due settimane su progetti con appalto integrato».

Sfide Pnrr. Le risorse al momento non sono sufficienti: non quelle economiche, ma di forza lavoro.


Il Pnrr ha un arco temporale che finisce nel 2026, ma molte delle società di ingegneria non hanno ancora ricevuto gli incarichi per progettare le opere.


«Il 2026 non è il futuro, è il nostro presente – interviene Nicola Greco, past president Oice e vice-chairman Webuild – già ci pensano i costruttori, i progettisti, le maestranze. Pensiamo da ora come trovare le riserve di liquidità per la gestione del capitale circolante che occorre alle nostre imprese, fare i dottorati agli studenti meritevoli, fare il training agli ingegneri». Per Daria Piccioni, rappresentante RFI, «gli obiettivi del piano sono molto ampi, vero è che è la sfida è soprattutto in termini di tempi di realizzazione di un investimento. Abbiamo visto che mediamente su progetti ferroviari sopra i cento milioni il periodo di attraversamento e di realizzazione è circa quindici anni, oggi dobbiamo fare tutto questo in sei anni».

La certezza dei tempi è la grande novità del Pnrr. «Il progetto deve diventare un pezzo del processo industriale, inoltre le norme di semplificazione che utilizziamo con il Pnrr devono diventare strutturali, di sistema», dice Trifone Altieri presidente Invimit Sgr. «La nostra grande responsabilità è quella della qualità finale dell’opera, visto che interveniamo su edifici pubblici, su complessi abbandonati e dismessi. Tenete conto che noi come Agenzia del demanio abbiamo 43mila beni da gestire di cui 3mila sono immobili, il 30% dei quali sono di patrimonio storico-artistico. Immaginate la responsabilità di trasformare questi beni in tempi brevi laddove sono rimasti abbandonati per 20 anni», sottolinea Massimo Babudri, direttore Servizi al patrimonio Agenzia del Demanio.

La diga foranea di Genova, cantiere pnrr ©Pergenova Breakwater

Green Deal. «C’è da recuperare sicuramente l’esperienza, con i dovuti correttivi, del Superbonus, perché è l’unica soluzione se si vuole abbattere il consumo energetico del residenziale», afferma Lupoi. «Il principio di sostenibilità oggi non riguarda più categorie prestazionali, che sono quelle proprio come dire governate dal perimetro dell’ingegnere, ma la responsabilità si allarga alla qualità della vita, al territorio, all’impatto sociale e culturale delle opere che facciamo. Abbiamo aspetti meno misurabili di prima e che coinvolgono ambiti meno tecnici, non solo, quindi, parametri quantitativi», precisa Patricia Viel di Acpv Architects. «Sul tema sostenibilità mi interessa soprattutto un aspetto specifico della nostra progettazione: la sicurezza sul lavoro. Si tratta di uno degli aspetti sostenibili: far sì che le realizzazioni per prima cosa non creino danni a chi le realizza. Quando facciamo analisi della sostenibilità dovremmo forse tutti quanti chiedere ai nostri clienti di dare una grande attenzione alla qualità del progetto che non si vende», aggiunge Pietro Salini, amministratore delegato di Webuild.

La sfida del Ponte. «È alla nostra portata. È un momento di rilancio del nostro Paese. Simbolo della grande cultura tecnica italiana, una vetrina incredibile», a giudizio di Lupoi. «Il Ponte come tutte le grandi opere di ingegneria, è uno sforzo collettivo e mi piacerebbe che tutti ne facessero parte con qualche pezzetto», incalza Salini. Un focus anche sulla rete infrastrutturale che deve essere adeguata, potenziata ammodernata, ma soprattutto digitalizzata. «Per la ripresa, le strategie di investimento sulla rete stradale e autostradale italiana è importantissima perché di fatto oggi su gomma transita il 70% del traffico merci e più dell’80% del traffico passeggeri, ed è un segmento difficilmente comprimibile anche con altre strategie di incentivazione di modalità alternative di trasporto», rimarca Marilisa Conte, responsabile engineering & Technical Coordinator di Aspi.

In copertina: Ponte sullo stretto di Messina, render ©webuild

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Francesca Fradelloni
Articoli Correlati
  • Città dei 15 minuti a Roma, tagliando a metà del viaggio

  • Il Demanio rilancia il federalismo culturale

  • L’architettura inclusiva trionfa al Mies 2024, premiati Gustav Düsing & Max Hacke

  • Una città della prossimità “materiale e culturale”. Come sta cambiando Porto