02-01-2023 Francesca Fradelloni 3 minuti

Trafilerie mazzoleni di Bergamo, il nuovo design del centro direzionale

Un lavoro di ricucitura urbana che parte dalla rivalorizzazione dell’”industria” storica del nostro Paese, grazie al progetto dello Studio Capitanio Architetti

L’industria storica del nostro Paese cambia outfit e lo fa con un intervento caratterizzato da una forma essenziale ritmata sia da un’alternanza di tonalità chiare e scure, che da una trama mutevole alla direzione del sole. Il progetto del nuovo centro direzionale delle Trafilerie Mazzoleni, che da più di un secolo producono fili di acciaio e prodotti metallurgici situato nel cuore di Bergamo, ricuce il dialogo con la città. Il concept, disegnato dallo Studio Capitanio Architetti, si configura come una “fabbrica” contemporanea dalle forme essenziali e dalla struttura cangiante la cui ombra mutevole esprime l'energia laboriosa dell'intero complesso manifatturiero, ed è stato realizzato in pochi mesi con una struttura completamente a secco.

Il nuovo edificio, ricostruito sul sedime originale del comparto, fornisce nuovi uffici amministrativi al vasto compendio industriale inserendosi in un processo di rigenerazione dell’intero ambito cittadino avviato con la riqualificazione del vicino Gewiss Stadium. Il progetto architettonico reinterpreta la sagoma del preesistente magazzino dismesso. L’area industriale, sorta nei primi anni del Novecento, era storicamente chiusa da una cortina edilizia che ne costituiva recinto e impediva il dialogo con l’espansione della città che nel frattempo l’ha inglobata. Il design, nella sua evoluzione, preserva la forte identità e contemporaneamente ricerca un nuovo dialogo con la dimensione pubblica dell’urbano attraverso il suo arretramento rispetto alla via principale di accesso con la creazione di un piccolo spazio cittadino.

L’edificio è un volume essenziale privo degli sporti di gronda, archetipo contemporaneo della “fabbrica” e allo stesso tempo dinamico grazie ad una pelle esterna in costante movimento. Sviluppato su due livelli e composto da due unità immobiliari di 500 metri quadri, l’edificio è stato progettato con sistemi di prefabbricazione in modo da ridurre i tempi di esecuzione ad otto mesi complessivi. La struttura è realizzata in carpenteria metallica con un telaio regolare che influenza l’orditura delle facciate, mentre la copertura si sviluppa con un sistema a cassette di acciaio prefabbricate utilizzate per la prima volta in Italia. 

L’alternanza di pannelli prefabbricati in cemento armato bianco texturizzato e i serramenti bruniti donano alla facciata un ruolo principale nella composizione del volume. I pannelli sono stati ingegnerizzati mediante l’impiego di matrici customizzate. L’alternanza di superfici lisce con finitura acidata a superfici bugnate diventano protagoniste in funzione della posizione del sole.I serramenti, portati in evidenza da sottili imbotti, si alternano ai pannelli di facciata e sono completati da rivestimenti in lamiera grecata brunita che aiutano a compensare i dislivelli interni del solaio intermedio e della copertura. L’ingresso principale dell’edificio è completamente vetrato, protetto da un foglio piegato in lamiera stirata brunita che segue la sagoma del prospetto e riprende matericamente gli inserti delle facciate longitudinali. Un serramento continuo a tutta altezza rende l’ingresso permeabile alla vista conferendogli la connotazione di portale. Gli interni destinati ad ufficio hanno un carattere essenziale. La struttura e gli impianti sono stati volutamente lasciati a vista caratterizzando lo spazio ad uffici da un sapore industriale e accogliente. L'impatto cromatico si fonda sull'alternanza del colore bianco della finitura con quello scuro di pavimenti e dei serramenti mentre si impone la caratterizzante scalinata in ferro di colore verde.

«Questo progetto ha voluto favorire la relazione tra la più grande industria produttiva ancora presente in un’area centrale di Bergamo nei confronti del suo intorno. Infatti, il ruolo dell’industria all’interno della città ha subito notevoli trasformazioni negli ultimi cent’anni. Da condizione favorita e promossa nell’immediato dopoguerra è stata poi allontanata per tornare oggi nuovamente nella agenda politica con l’intento di valorizzare ciò che resta e spingere nuove realtà industriali a fare ritorno», racconta l’architetto Remo Capitanio.

Foto in copertina © Stefano Tacchinardi 

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Francesca Fradelloni
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