14-02-2023 Paola Pierotti 6 minuti

Architettura al femminile. Progettare scuole con Michela Ekström

Dopo il museo di Sassari, due istituti con Futura. Concorsi, ricerca e attivismo

Ho un modello di studio aperto, non vincolato a un numero di collaboratori fissi, ma a progetto. Credo tantissimo nel lavoro di squadra e nelle contaminazioni di idee.
Michela Ekström

Quando è uscito il concorso Futura sono stata contatta da Studio Faraone, una società di ingegneria di Palermo che mi chiedeva di individuare tra le oltre 200 in lizza, alcune possibili scuole a cui partecipare insieme. Visti i tempi stretti ho deciso di concentrarmi su territori che già conoscevo molto bene. Ho optato per il mio comune di residenza, Castelnuovo di Porto (Roma) e Capriati a Volturno, nell’alto casertano, che conosco per motivi familiari”. Parte da qui l’architetto Michela Ekström per raccontare l’esperienza che l’ha vista protagonista di due aggiudicazioni: “la sorpresa quando sono usciti gli abbinamenti dei codici con i nominativi: primi, con un punteggio di circa 95/100, su entrambe le scuole”. Due progetti che prevedono la demolizione delle scuole esistenti e la costruzione di nuovi interventi, con superfici e volumetrie differenti. Nel team, assieme a Gianluca Graziani anche un’altra consulente, la collega tedesca Susanne Glade, esperta di scuole innovative a livello europeo.

A che punto sono le aggiudicazioni?
L’altro ieri abbiamo avuto comunicazione dal Ministero dell’Istruzione che, concluse le verifiche sulla parte amministrativa, è partito il countdown dei 30 giorni per la consegna dello studio di fattibilità di una delle due scuole. Per l’altra scuola abbiamo appena inviato il soccorso istruttorio e attendiamo un riscontro. Abbiamo comunque avviato già un contatto informale con le amministrazioni coinvolte visto che le tempistiche dei prossimi mesi saranno impegnative e necessitano di un lavoro di squadra con tutte le figure coinvolte. 

In cosa consiste la richiesta di perfezionamento dell’offerta?
Ci viene richiesto di raggiungere il livello del progetto di fattibilità tecnica ed economica secondo quanto disposto dalle linee guida “per la redazione del progetto di fattibilità tecnica ed economica da porre a base dell’affidamento di contratti pubblici di lavori del Pnrr e del Pnc”. Si può dire che il progetto deve già raggiungere un grado di approfondimento importante e non più “approssimativo” come avveniva in passato. Uno studio di fattibilità “potenziato” (come quello che viene richiesto in altre gare in questi mesi, a titolo di esempio dal Demanio ndr) ma che desta qualche perplessità sia da pare dei professionisti che delle Pa, per l’assenza di indagini necessarie e per la compressione dei tempi.

Sulle fasi successive rimangono grandi punti interrogativi, ma come mai hai scelto di investire (e con successo) in questa iniziativa?
Il tema dell’edilizia scolastica è sempre stato di mio interesse. Sono stata allieva e poi assistente del professor Giuseppe Rebecchini, i temi progettuali che proponeva erano sempre ed esclusivamente legati alla scuola. Al primo concorso fatto con lui, il Liceo Farnesina di Roma, siamo arrivati terzi su 99 progetti presentati.

Quando è stato bandito il concorso delle scuole non potevo non partecipare. Con Studio Faraone e Gianluca Graziani abbiamo però scelto di lavorare solo su due scuole per via dello scarso tempo. Al di là di alcune “imprecisioni” organizzative, credo che questo concorso sia stata una scelta valida e coraggiosa, anche nella modalità un po’ forzata nei confronti dei singoli territori. Le linee guida alla base del bando hanno suscitato in me particolare interesse; le indicazioni si riferivano ad un modello di scuola nordica, ed essendo io italo-svedese e ripensando alla scuola che ho frequentato negli anni ‘90, le ho trovate molto familiari. Non solo, il confronto con Susanne Glade che ha esperienza di come quel modello nordico si sia evoluto nel tempo, ha permesso a mio avviso di fare un ulteriore scatto in avanti.

In generale, quanto investi nei concorsi?
Nell’ultimo anno ho investito circa la metà delle energie dello studio in gare e concorsi. Tendo a selezionare quelli che a mio avviso sono più gestibili. Non ho partecipato per esempio al Grande Maxxi né al Museo della Scienza. Cerco il giusto bilanciamento tra requisiti, premi e incarico, prediligendo sempre quelli in due fasi. Le due scuole vinte sono state una grande iniezione di fiducia.

Altri concorsi vinti?
Il Museo dei Candelieri di Sassari è stato il primo concorso che ho vinto a cui è seguito l’incarico di progettazione; è stato validato il progetto definitivo e a breve partiremo con l’esecutivo.  

Ma qual è l’identikit del tuo studio?
Mi piace immaginarlo come un’isola di ricerca e creatività nel campo dell’architettura e dell’interior, considerando le varie scale progettuali come parte di un unico approccio che vede l’uomo al centro. Ho un modello di studio aperto, non vincolato a un numero di collaboratori fissi, ma a progetto. Credo tantissimo nel lavoro di squadra e nelle contaminazioni di idee. Attualmente lo zoccolo duro dello studio è composto da 3 donne, ma tendo a costruire partnership con colleghi o studi a seconda del progetto o del concorso. Un’alleanza storica e consolidata è con Laura Naitana di Sassari che ha portato a costruire il concorso del Museo dei Candelieri vinto con Peluffo&Partners (Gianluca Peluffo ha citato Michela Ekström tra i giovani che si sono distinti con il concorso Futura) e ha portato ad un ulteriore secondo posto alla scuola di Sassari.

Anche nei lavori privati tendo a fare rete. Attualmente come studio ci occupiamo di interior in vari ambiti, dal residenziale al sanitario, anche come consulenti esterni alla MuchMore- Architecture & Landscape di Dubai per il retail, e di architettura residenziale oltre a concorsi e gare pubbliche. 

Progettazione ma anche ricerca e attivismo. Sei una promotrice delle “Architettrici”, con un sostegno mirato alle donne in architettura, cos’è questa associazione? 
Uno degli obiettivi dell’associazione culturale “Architettrici”, fondata assieme ad Ernesta Caviola, Raffaella Aragosa, Francesca Ameglio e Daniele Vergari, è quello di rileggere l’apporto delle donne che hanno pensato, progettato, realizzato opere di architettura alla luce di una nuova consapevolezza. Abbiamo bisogno di fare massa critica, anche qui, in rete con altre associazioni e istituzioni. Di recente Con l’Ordine degli Architetti di Roma e Provincia, l’Istituto Bardi “Casa de Vidro” e con il contributo della Presidenza del Consiglio dei Ministri (Struttura di missione per la valorizzazione degli anniversari nazionali e della dimensione partecipativa delle nuove generazioni) abbiamo organizzato un convegno internazionale e una serie di eventi e mostre per celebrare i 30 anni della morte di Lina Bo Bardi, riconosciuto ora come anniversario nazionale. 

C’è fermento sul tema, dal capitolo dedicato nell’ambito del padiglione italiano dell’ultima Biennale Architettura, alla mostra ospitata al Maxxi, a che punto siamo?
C’è bisogno di presenza concreta, di visibilità, di tanta visibilità. Spesso succede che anche negli studi co-fondati, è la donna che fa il passo indietro, che lascia il palcoscenico. Bisogna modificare la narrazione, perché il problema è spesso nascosto, ma esiste. Basta prendere le statistiche o i dati, per esempio, di quante donne si disiscrivono dall’Ordine attorno ai 40 anni.

Metterci la faccia e anche il nome. Chi sono le donne in architettura che dal tuo osservatorio vanno tenute sotto osservazione perchè promettenti o perché sono già una guida?
Guardo con grandissima curiosità le messicane, Frida Escobedo, Rozana Montiel, Fernanda Canales, o la corsa Amelia Tavella, la tedesca Anna Heringer o la libano-francese Lina Gometh. Rispetto al panorama italiano sono venuta a conoscenza di bravissime colleghe grazie al lavoro di selezione e mappatura fatto dalle Rebel Architette (segnalate su thebrief dallo studio veneto al femminile Arbau). Con loro si sta cercando di costruire una rete di contatti “al femminile” che possano fare squadra anche in sede di concorsi. Una che segnalo, che ha talento e anche ambizione, è per esempio Anna Merci. Una per cui provo grande ammirazione è Giulia De Appolonia (qui la nostra intervista pubblicata su thebrief).

In copertina: l’architetta Michela Ekström 

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Paola Pierotti
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