Dal tema dell’ospitalità all’ecocidio, le voci internazionali alla Biennale

07-05-2025 Chiara Brivio 9 minuti

07-05-2025 Chiara Brivio 9 minuti

Dal tema dell’ospitalità all’ecocidio, le voci internazionali alla Biennale

Una selezione di padiglioni da vedere alla 19. Mostra di Venezia che apre il 10 maggio

Ancora poche ore all’inaugurazione della 19. Mostra internazionale di Architettura di Venezia. Aprirà i battenti sabato 10 maggio la Biennale di Carlo Ratti, dal titolo Intelligens. Naturale. Artificiale. Collettiva., che si prefigura come un grande laboratorio focalizzato sul tema dell’adattamento climatico, da affrontare in modo interdisciplinare, ossia “collettivo”. Come aveva dichiarato nella conferenza stampa di presentazione lo stesso Ratti, «la Mostra di quest’anno invita diversi tipi di intelligenza a lavorare insieme per ripensare l’ambiente costruito. Il titolo stesso della Mostra, Intelligens, contiene la parola latina gens (“gente”) e ci invita a sperimentare oltre i limiti di un focus limitato all’intelligenza artificiale e alle tecnologie digitali». Una Biennale che ha fatto registrare un record di partecipazioni – oltre 750 da 66 Paesi – e quattro nuove rappresentanze nazionali: Repubblica dell’Azerbaijan, Sultanato dell’Oman, Qatar e Togo.

Oltre al Padiglione Italia, curato da Guendalina Salimei e dedicato al tema del rapporto tra l’Italia e il mare, thebrief presenta una selezione di progetti internazionali, e come entreranno in relazione con il titolo della mostra di Ratti.

Medio Oriente: tradizione, accoglienza, sicurezza alimentare ed ecocidio

Qatar. Novità del 2025, il Paese del Medio Oriente si presenta con una mostra in due parti organizzata dall’Art Mill Museum di Doha – che dovrebbe aprire nel 2030 ed è firmato Elemental, studio guidato da Alejandro Aravena, già curatore della Biennale nel 2016 –, che comprenderà un’installazione ai Giardini, dove sorgerà il futuro padiglione permanente del Qatar (su progetto di Lina Ghotmeh), e una presentazione ad Apc-Palazzo Franchetti. L’installazione, Community Centre, dell’architetta pakistana Yasmeen Lari, fa parte del progetto Beyti Beytak. My home is your home, che esplorerà il modo in cui l’ospitalità e le tradizioni di accoglienza sono incorporate nell’architettura contemporanea e nei paesaggi del Medio Oriente, Nord Africa e Asia meridionale. Venti gli architetti moderni e contemporanei della regione che esporranno le loro opere, molti dei quali per la prima volta in mostra a Venezia.

L’Arabia Saudita quest’anno presenta una riflessione sull’ambiente urbano contemporaneo del Regno, con The Um Slaim School: An Architecture of Connection. Attraverso il lavoro dello studio Syn Architects (Sara Alissa and Nojoud Alsudairi) e del loro progetto collettivo Um Slaim Collective, l’obiettivo è quella di creare un «archivio vivente», partendo dal patrimonio architettonico e dall’evoluzione dello stile Najdi di Riad, in relazione ai temi dell’ecologia, dell’identità e dell’urbanistica. Prendendo Riad come caso di studio, la mostra presenterà immagini d’archivio e contemporanee, oggetti, modelli, scritti e film, invitando il pubblico a esplorare, interpretare e mettere in discussione le narrazioni architettoniche che plasmano il quotidiano.

Gli Emirati Arabi invece arrivano alla Biennale con Pressure Cooker, curata dall’architetta Azza Aboualam: un progetto che esplora i temi dell’autosufficienza alimentare e presenta soluzioni architettoniche specificamente pensate per ambienti aridi. La mostra inserisce il paesaggio produttivo degli Emirati in un contesto globale, sottolineando la necessità di pratiche adattabili, ed esplorando soluzioni progettuali locali concepite nel tempo in condizioni di scarsità alimentare, che spaziano dal vernacolare alla tecnologia avanzata.

Il Libano presenta invece una riflessione sul rapporto tra architettura e ambiente naturale, La terra si ricorda, presentando un ministero fittizio – il ministero dell’Intelligenza della Terra – dedicato alla guarigione del territorio dall’ecocidio e alla costruzione di un archivio dinamico di questa distruzione intenzionale. Il padiglione, curato da Collective for Architecture Lebanon, diventa così uno spazio di attivismo, a partire da un Paese da tempo martoriato da decenni di guerre, urbanizzazione incontrollata e instabilità politica, per mettere i visitatori di fronte alla realtà della devastazione intenzionale dell’ambiente naturale.

Europa e Nord America: dall’abitare ai microrganismi, con uno sguardo alla guerra

Building Architecture Culture a cura di Anneke Abhelakh si concentra sul passato, il presente e il futuro dell’Albania, una democrazia giovane con tre milioni di abitanti ubicata nel cuore del Mediterraneo, con una geografia che ne ha da sempre influenzato gli scambi culturali e l’ambiente costruito. Con il crollo del regime dittatoriale nel 1992 si è aperta una fase di grandi trasformazioni dove l’architettura assume un ruolo centrale. Tre le parti di cui si compone il percorso: 100 immagini dedicate a due luoghi importanti della capitale Tirana, sullo sfondo storico del rapporto tra architettura, società e poteri politici, come testimonianza del passato. Il film The Albanian Calls, che investiga il dibattito corrente su cosa significhi essere un architetto internazionale nell’Albania contemporanea, indagandone opportunità e sfide, a simboleggiare il presente. Infine, la parte rivolta al futuro del panorama architettonico è presentata nella terza sezione, e consiste di una serie di visori stereoscopici.

Austria. Con Agency For Better Living, i curatori Sabine Pollak, Michael Obrist e Lorenzo Romito mettono a confronto due grandi città europee: Vienna e Roma. Analizzando l’approccio top-down dell’edilizia sociale di Vienna, una delle città in Europa da anni considerata tra i migliori modelli di social housing, e i metodi bottom-up di auto-organizzazione della società civile nella capitale italiana, l’obiettivo è far diventare il padiglione un luogo di conoscenze su come si possa creare un miglior abitare per tutti.

Il Belgio con Building Biospheres mette in discussione il rapporto tra architettura e natura nell’era del cambiamento climatico. I curatori, l’architetto paesaggista Bas Smets e il neurobiologo Stefano Mancuso, indagano su come l’intelligenza naturale delle piante possa essere utilizzata per produrre un clima interno. Anche in questo caso, il padiglione funzionerà da prototipo per la ricerca.

Sempre su questo tema è la proposta del Canada, che si sofferma sui microrganismi. Picoplanktonics il titolo del progetto del collettivo Living Room, che esplora la relazione tra strutture viventi, l’ambiente costruito e l’uomo. Ispirandosi al ruolo dei batteri marini cyanobacteria, tra le prime forme di vita sulla Terra, responsabili della diminuzione dell’anidride carbonica nell’atmosfera oltre 2,4 miliardi di anni fa, saranno portate a Venezia una serie di strutture stampate in 3D pieni di Synechococcus PCC 7002. Batteri vivi, per portare avanti un esperimento live su come si potrà attuare la resilienza ecologica e la sopravvivenza della specie umana.

Al vivere insieme è dedicato il Padiglione della Francia. “Vivre avec / Living with”, il titolo del progetto di Dominique Jakob e Brendan MacFarlane, in collaborazione con Martin Duplantier ed Éric Daniel-Lacombe, che si terrà al di fuori delle mura del padiglione, che è attualmente in ristrutturazione. Come potremo vivere in un mondo caratterizzato da rivoluzioni climatiche, ecologiche e sociali? Come potremo continuare a costruire rispettando nuovi limiti? Per rispondere a queste domande i curatori hanno creato uno spazio temporaneo ai Giardini, pensato come un rifugio aperto e inclusivo, rendendo la ristrutturazione in corso parte integrante dell’esperienza architettonica, scenografica e sensoriale offerta ai visitatori. In un’ottica di sostenibilità, e seguendo l’indicazione del curatore Ratti sul limitare gli sprechi, per il progetto gli architetti hanno ideato una scenografia realizzata direttamente in loco, a Venezia, evitando così il trasporto di modelli. Tutti gli elementi del padiglione temporaneo e della scenografia sono progettati per essere riutilizzati. Propongono inoltre l’utilizzo di una selezione di materiali riutilizzabili o riciclabili, adottando un approccio a rifiuti zero.

Si intitola Stresstest il contributo della Germania a questa Biennale. Curato da Nicola Borgmann, Elisabeth Endres, Gabriele G. Kiefer e Daniele Santucci, il progetto mostra gli impatti drammatici del riscaldamento globale sulla vita urbana. Eventi estremi e temperature difficili da tollerare che porteranno le città a soffrire di stress termico, oltre ad avere effetti devastanti sulla popolazione e sull’ambiente. Una situazione che, agli occhi dei curatori, richiede urgentemente uno sviluppo urbano resiliente. Partendo da questa minaccia, la mostra rende tangibile, sia fisicamente che psicologicamente, la futura realtà climatica urbana e dimostra in modo incisivo che l’architettura e l’architettura del paesaggio non solo possono, ma devono creare città a misura di clima.

Lettonia. È la guerra il tema centrale del padiglione lettone. Landscape of defence il titolo del progetto curato da Liene Jākobsone e Ilka Ruby, con un allestimento degli studi di architettura lettoni Sampling e Nomad. Il padiglione racconta la sovrapposizione tra il paesaggio civile e quello militare lungo la frontiera tra Lettonia, Russia e Bielorussia e solleva domande profonde. I visitatori saranno personalmente invitati a interrogarsi sul significato di “confine” in un’epoca di grave instabilità geopolitica.

Asia: intelligenza artificiale e rapporto tra tradizione e innovazione tecnologica

Cina. È l’archistar Ma Yan Song, co-fondatore dello studio Mad Architects, il curatore del Padiglione cinese alla Biennale di quest’anno. Dal titolo Co-exist, il progetto è formato da dieci opere, realizzate da dodici partecipanti da ambiti interdisciplinari, sul difficile rapporto tra la tradizione cinese e la sua spiritualità e il rapido avanzare della tecnologia, nel contesto della civiltà industriale che si appresta a entrare nell’era dell’intelligenza, in un Paese profondamente trasformato da quattro decenni di urbanizzazione. Come ha dichiarato il curatore: «se l’epoca industriale era dedicata a razionalità ed efficienza, l’era del futuro dovrà tornare a concentrarsi sull’umanità e la natura».

Il Giappone invece sceglie l’intelligenza artificiale, con un percorso curato da Jun Aoki dal titolo IN-BETWEEN – A Future with Generative AI. A partire dal concetto giapponese di ma o “spazio intermedio”, il curatore scommette su un in-between immaginario, sul “dialogo” tra esseri umani e intelligenza artificiale generativa, piuttosto che considerare l’uno o l’altro come soggetto principale. L’idea è quella di cercare modi produttivi per interagire con l’Ia generativa finché è ancora in una fase iniziale, e di applicarli per orientarne l’evoluzione futura.

Anche Taiwan ha deciso di mettere in mostra un progetto che esplora le “precarie intelligens” nate dall’esperienza dell’isola con disastri naturali, tensioni geopolitiche e sconvolgimenti globali. NON-Belief: Taiwan Intelligens of Precarity, curato da Cheng-Lun Hsueh con Ping-Sheng Wu, Meng-Tsun Su e Sung-Chang Leo Chiang, vuole reinterpretare la precarietà come una risposta positiva alle sfide architettoniche che il futuro ci pone.

Sud America: l’acqua e il riposo

Argentina. S’intitola Siestario il percorso del Padiglione argentino. I curatori, Juan Manuel Pachué e Marco Zampieron, trasformano gli spazi in un luogo per l’ozio e la contemplazione all’interno della frenesia della Biennale. Gli architetti hanno voluto rendere omaggio all’intelligens del Paese continuando la tradizione dell’utilizzo del silobag, una tecnologia di stoccaggio dei cereali tipica della campagna argentina, che gli abitanti già usano, tra gli altri, come coperta, piscina gonfiabile o parasole per gli animali, in una struttura per il riposo all’interno del padiglione.

Uruguay. Il padiglione uruguayano, curato da Sei Fong Studio si concentra sul tema dell’acqua. Dal titolo, 53,86% Uruguay Land of Water, il progetto esplora la relazione tra architettura, territorio e risorse idriche in un paese dove la sovranità marittima è superiore a quella terrestre e dove l’acqua è un elemento profondamente radicato nella cultura e nella storia locale. Un approccio che trascende il convenzionale, affrontando l’acqua non solo come risorsa, ma come struttura chiave per la cultura, l’economia e la geopolitica contemporanea.

Africa: il Togo al debutto

Per la prima volta alla Biennale di Architettura di Venezia, la Repubblica del Togo partecipa con un progetto dal titolo Considering Togo’s Architectural Heritage incentrato appunto sulla tradizione architettonica del Paese. Le curatrici sono Jeanne Autran-Edorh e Fabiola Büchele di Studio NEiDA e l’esposizione ripercorrere le vicende architettoniche del Togo a partire dagli inizi del XX secolo, con un focus sui temi della conservazione e della trasformazione, attraverso una documentazione metodica dell’architettura iconica del Paese che mette in dialogo le pratiche costruttive tradizionali con le tecniche di costruzione moderniste.

In copertina: © Qatar Museums

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Chiara Brivio
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