Per la scuola del futuro serve un’alleanza tra pubblico e privato

11-03-2025 Chiara Brivio 4 minuti

11-03-2025 Chiara Brivio 4 minuti

Per la scuola del futuro serve un’alleanza tra pubblico e privato

Calo demografico e programmazione i nodi da risolvere. La proposta in sei punti di Acs

Scuole vetuste che necessitano di una nuova programmazione, adattamento al calo demografico, nuove necessità per insegnanti e studenti che riguardano anche le soft skills. Ma soprattutto: il crescente ruolo dei partenariati pubblico-privati (ppp), in un’ottica di sussidiarietà, per dare vita a una nuova governance. Sono solo questi alcuni dei temi che emergono dalla ricerca di Acs (Associazione costruire scuole), presentata il 10 marzo a Milano nella sede di Cassa Depositi e Prestiti. Dal titolo “Rilanciare la programmazione. Un piano di rinnovo delle strutture scolastiche, perché e come avviarlo” il dossier è stato curato da Lanfranco Senn, Giancarlo Blangiardo, Silvio Bosetti, Franco Guzzetti e Paolo Quaini.

«Il problema davanti agli occhi di tutti è che bisogna mettere mano agli edifici scolastici. Occorre un rilancio della programmazione delle infrastrutture – ha detto Lanfranco Senn, presidente di Acs –, un’occasione importante per guardare al problema nella sua complessità e cambiare gli spazi in cui la didattica è organizzata, per farli diventare spazi di vivibilità della scuola». Aggiornare metodi ma anche criteri di progettazione, non disegnando più aule che una volta accoglievano solo lezioni frontali, ma che siano multifunzionali e di appeal per i giovani, dove possano potenziare le loro non-cognitive skills, competenze relazionali, di collaborazione, per prepararli all’università e al mondo del lavoro. Ma anche spazi che più si adeguino alle esigenze degli insegnanti, oltre che degli alunni.

E la proposta che Acs fa va in questa direzione: seguire il cambiamento. Non più programmazione top down decisa a tappeto per tutto il territorio nazionale, ma ascolto dei territori e delle singole esigenze, per contrastare anche il calo demografico (le aree rurali non sono le grandi città, in sintesi). E poi un potenziamento dei ppp, in un’ottica di revisione della governance dell’edilizia scolastica, oggi normata dalla legge 23 del 1996.


«È necessaria un’ottica di sussidiarietà pubblico-privata, strutturando forme di dialogo e di partecipazione insieme a soggetti che hanno il nostro stesso scopo: educare i giovani»


ha detto ancora Senn. La questione demografica rimane sempre al centro – i dati parlano di una perdita dell’8% degli alunni negli ultimi cinque anni, con la sola tenuta delle scuole superiori – e la vetustà degli edifici, il cui 70% è stato costruito tra il 1958 e il 1982. «Anche se – ha spiegato Silvio Bosetti, coordinatore di Acs – non dobbiamo dimenticare la diffusione capillare dei plessi, che oggi sono 40mila in tutta Italia». Un patrimonio edilizio che va valorizzato, magari innestando attività sociali o micro-produttive laddove le classi si riducono. E dall’altra, continuando le ristrutturazioni, rispondendo alla domanda di efficientamento energetico, della sostenibilità ambientale, e rispettando standard di sicurezza e di normativa antisismica.

Un punto, quello della valorizzazione e dell’ascolto dei territori, sottolineato anche da Maurizio Cabras, direttore Territorio e Urbanistica di Anci Lombardia, una regione dove più del 70% dei Comuni ha meno di 5mila abitanti.


«Il problema dello spopolamento è centrale, perché non si può puntare al “modello Milano”, ma bisogna ascoltare il fabbisogno dei territori. La sfida è dare valore al locale»


Ma non solo, per Cabras è necessario fare squadra, mettere a sistema le competenze delle persone, tenendo la qualità del progetto sempre al centro – e in questo senso richiama gli Ordini professionali a un’alleanza con la Pa, che oggi si affida a consulenti esterni per motivi di budget e di scarsità di personale, anche attraverso le piattaforme per i concorsi di architettura –, fare dei veri piani di fabbisogno e avere destinazione d’uso chiare. E, facendo riferimento al Piano nazionale di ripresa e resilienza, Cabras ha sottolineato quanto «sull’edilizia scolastica in particolare i Comuni hanno dimostrato di aver avuto una buona capacità, anche se confusa, di essere presenti e di essere in grado di progettare scuole, palestre, mense. Attenzione però alle tempistiche – ha specificato –. Il fatto di aver portato avanti degli appalti integrati è stato un dramma. Infatti, una delle misure più in crisi del Pnrr è proprio quella dell’edilizia scolastica».

E i dati sui finanziamenti sono allarmanti: nella sola Regione Lombardia sarebbero necessari oltre 2mila interventi, per un ammontare stimato di 3,9 miliardi di euro, come ha illustrato Milena Bianchi, dirigente dell’unità organizzativa Istruzione, Parità educativa e Filiera formativa. «E la quota di co-finanziamento che verrebbe da comuni e province è bassissima, solo 50 milioni di euro». A livello nazionale, è il Dm di dicembre 2024 ad aver posto le basi per l’individuazione degli interventi ammissibili alla Programmazione triennale 2025-2027, oltre all’accordo di conferenza unificata. Strumenti come il Psc (Public sector comparator) sarebbero utili, dicono da Acs, per l’analisi della convenienza economica.

Infine, la proposta di programmare edifici scolastici come poli di aggregazione delle comunità locali, in un’ottica di rigenerazione urbana. Da ultimo, l’upgrade del sistema informativo, per fare un’analisi edificio per edificio, e non facendo una media generale, seguendo un approccio multicriterio.

Un ambito, quello dell’edilizia scolastica, dove anche Cdp, patrocinatore dell’iniziativa, è in campo in diverse regioni, dando supporto tecnico per la pianificazione strategica e la programmazione, oltre che con strumenti finanziari.

 

In copertina: © Adobe Stock

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Chiara Brivio
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