29-03-2019 Paola Pierotti 7 minuti

Dalla città di Prato al caso ENI, cosa può fare chi punta sul driver della circolarità

Al Festival Recò, idee, storie e best practice che coinvolgono pubblico e privato

"La rigenerazione è più potente della rottamazione. Serve tradurre in concreto la domanda dei giovani che manifestano per l’ambiente, cogliere nella realtà le radici del futuro"

Ermete Realacci

«A Prato non si butta via niente. Abbiamo iniziato a fare economia circolare quando non si chiamava così. Tutto è partito con il ‘cardato’ – una specifica tecnica di lavorazione della fibra che riusa quelle ottenute dal riciclo dei tessuti o dai ritagli di maglieria nuovi e usati – un termine con meno appeal, ma che vedeva protagonisti dell’economia locale quegli sfilacciatori artigiani che recuperavano i vecchi vestiti, rigenerandoli. Era un modo di fare». Il sindaco di Prato, Matteo Biffoni, spiega le origini e il DNA della sua città che, grazie ad un progetto europeo, ha promosso Recò, il festival dell’economia circolare insieme a Regione Toscana e Toscana Promozione Turistica. Dal 21 al 24 marzo Prato ha accolto appassionati di economia, cultura, ambiente, società e turismo, trovando una chiave inedita per l’Italia per rimettere al centro il tema delle città, puntando sulla contaminazione e investendo sulle idee e l’innovazione. 

«Chi conosce la nostra città si rende conto che lo sviluppo urbano non può prescindere dal riuso di quello che c’è». Per il sindaco Biffoni, impegnato da 5 anni con la sua giunta nel portare creatività e professionalità nel costruire la città del domani, c’è da lavorare per fare in modo che «la buona volontà non si scontri con la normativa a volta non al passo con i tempi». Prato, grazie all’impegno dell’assessore Benedetta Squittieri, con delega all’innovazione tecnologica, è riuscita a portare a casa l’interesse di un servizio di car sharing come Car2Go che ha intercettato la domanda di collegamento flessibile e personalizzato con la vicina Firenze. Al Centro Pecci è in mostra il lavoro coordinato dall’assessore all’urbanistica Valerio Barberis sintetizzato nella mostra Verde Prato. Sperimentazioni urbane tra ecologia e riuso(a cura di Elisa Cristiana Cattaneo e Emilia Giorgi), che mette in scena il Piano Operativo del Comune di Prato e la molteplicità di operazioni e strategie attuate negli ultimi anni per la definizione del nuovo strumento sulle politiche urbane della città toscana. 

Il Piano Operativo di Prato è un innovativo documento di Pianificazione Urbanistica, redatto dall’Ufficio di Piano e adottato nel settembre 2018, che si muove a partire dalla grande esperienza trasmessa dalle elaborazioni dell’urbanista Bernardo Secchi, che ha lavorato al piano regolatore di Prato tra il 1993 e il 1996. Prato viene osservata nella sua dimensione metropolitana e portata a rilanciare il patrimonio manifatturiero e a rivalutare quello naturale, superando la divisione tra città e spazi agricoli. La sfida, condotta anche grazie a un ampio programma di partecipazione, Prato al Futuro – che ha coinvolto tutti i cittadini e portato professionisti del mondo della progettazione a dialogare con l’Amministrazione Comunale, con le parti interessate, con le associazioni – è quella di promuovere il riuso della città, riducendo il nuovo consumo di suolo, e mettere in campo un progetto di forestazione urbana, rispondendo con l’ecologia alle sfide globali del climate change e a quelle locali del benessere degli abitanti.

Una sezione è dedicata proprio al tema “Re-Use” con un richiamo attraverso disegni e fotografie d’epoca all’esperienza del Laboratorio di Prato, condotto dal 1976 al 1978 dal regista Luca Ronconi con l’architetto Gae Aulenti: uno dei primi esperimenti di riuso delle strutture manifatturiere in vista di «un teatro soprattutto agito, in funzione di un luogo diverso dalla sala teatrale», come scrive Ronconi. Tema centrale del nuovo Piano Operativo è infatti la definizione di strategie di trasformazione del patrimonio edilizio esistente, in particolare dell’archeologia industriale nell’ambito delle aree urbane. Prato, da “città fabbrica”, uno dei luoghi paradigmatici a livello internazionale sulle pratiche di re-cycle, a contesto dinamico che può ambire a proporsi come distretto europeo “eco” d’eccellenza, attuando un processo di economia circolare.

Recò Festival è l’occasione per rimettere le città, con i loro contenuti e contenitori, al centro dell’agenda politica. «La manifestazione del 15 marzo, Global strike for Future – ha commentato l’europarlamentare Simonà Bonafè tra gli autori del nuovo pacchetto normativo Ue – ha riacceso un faro sull’urgenza drammatica delle questioni che riguardano la sostenibilità ambientale. Capita che troppo spesso si parli di economia circolare a sproposito. Bisogna cambiare approccio in tutto, per dare vita ad un nuovo sistema di produzione. Se ci si limita a considerare questo argomento nell’ambito di una politica dei rifiuti perdiamo l’ultimo treno. Grazie all’innovazione tecnologica, la circolarità può essere l’unico driver per una politica industriale sostenibile». 

Differenziare meglio, riciclare di più, creare occasioni perché gli scarti diventino materia prima per altre imprese, buttare meno in discarica. Tutto questo guardando all’intero ciclo di vita delle cose e tenendo presente l’elemento tempo. Si cambia il paradigma: invece di possedere un bene si può usare un servizio. «Siamo una città senza cassonetti – spiega Biffoni – li abbiamo tolti tutti, con fatica e oggi facciamo il 72% di raccolta differenziata con una partecipazione attiva da parte degli imprenditori tessili che trattano i loro scarti in modo specifico. Ora la questione si sposta: Come si gestiscono questi rifiuti? Serve un accordo nazionale e un ragionamento più ampio sul tema». 

Ricadute dirette anche sul turismo. Francesco Palumbo, nuovo direttore Toscana Promozione Turistica riprende il tema della mobilità sostenibile per ricordare quanto sia una leva anche per il turismo, «arrivare e muoversi con un car sharing o trovare una bicicletta elettrica in hotel sono dei plus per chi sceglie il nostro territorio come meta di viaggio e possono interessare di conseguenza i cittadini. Da notare che nell’accordo Italia-Cina sul turismo – ha precisato Palumbo – con sorpresa il primo tema era proprio quello legato alla sostenibilità che non significa solo non cambiare gli asciugamani in hotel ma investire con creatività per farne un fattore di competitività». 

«La rigenerazione è più potente della rottamazione» si è detto al Festival Recò dove tra gli altri è stata protagonista anche Symbola con Ermete Realacci che ha sottolineato «si può vincere la sfida solo se si percepisce l’opportunità. Puntiamo sulla nostra capacità di inventare. Ricordiamo ad esempio che l’Italia è leader nel settore delle giostre – racconta Realacci – le nostre sono le più belle e flessibili e soprattutto consumano metà energia di quelle tedesche. Bisogna saper cogliere i fattori abilitanti. Serve tradurre in concreto la domanda dei giovani che manifestano per l’ambiente, cogliere nella realtà le radici del futuro». 

Non secondaria la trasformazione digitale che è precondizione per innescare una reale economia circolare. Spazio quindi all’eco-design e alla rigenerazione, con una visione di lungo periodo che tenga insieme imprenditori, opinione pubblica e decision maker. Le aziende sono in campo come racconta Marco Bardazzi, pratese, direttore comunicazione ENI. “C’è in atto una conversione green anche nel campo della chimica, come ENI siamo alla ricerca di partner e interlcutori per lavorare sull’eco-design, per essere sul territorio con nuovi progetti. Oggi a Venezia esce un biocarburante da una bioraffineria e i vaporetti dell’ACTV circolano con un approccio circolare, per stare i tema. A Roma, ricicliamo l’olio fritto del Papa e scambiamo gli oli esausti con biocarburante per i distributori del Vaticano”. Consapevolezza nel meccanismo circolare e nuove sfide. Eni è in campo con un importante processo di forestazione e ha messo a regime un laboratorio permanente sulle alghe, bonifica le proprie aree cercando di riusarle e progettare una seconda vita per quegli spazi che non di rado sono connotati per storie negative. “La chimica verde – ha precisato Bardazzi – non è un diversivo, ma un modello di business inevitabile”

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Paola Pierotti
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